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Il nome Christine And The Queens è circolato molto anche dalle nostre parti a fine primavera. Complice l’impeccabile Massimo Oldani che in radio ha salutato col suo educato entusiasmo l’uscita del singolo, “Girlfriend”. Il pezzo, con la collaborazione di Dâm-Funk esiste in due versioni: quella in inglese, appunto e la francese “Damn, dis-moi”. È quel tipo di canzone che mette d’accordo te che cerchi lo sprazzo digital funk di classe e quello accanto a te, lì, ora, che non cerca un bel niente. Siamo a quell’incrocio tra un pop adulto, un orizzonte r’n’b e una produzione limpida, che, se vogliamo, non rischia troppo e forse depista un poco. Chitarrini funky, sintetizzatori giù a cascata e il modo di chiudere le strofe (e di non chiudere il ritornello!) come usava nei migliori casi del pop di fine ’80. E poi c’è lei, personaggio androgino, potente e delicato, Christine (all’anagrafe Héloïse) che è anche un po’ Chris (soprattutto Chris!). Bianca che più bianca non si può (come formazione) ma che sa maneggiare anche una materia che dà sul black. Le “Regine” del nome sono un riferimento ad ambienti drag queen che lei ha bazzicato con curiosità.
L’album, diciamolo senza giri, rispetta le attese forgiate da quel singolo. Ma lo fa proprio perché sa andare oltre “Girlfriend”, senza limitarsi quindi a confermarlo. “Chris” è un doppio con la versione in francese delle medesime tracce. Da notare che il primo album di Christine era cantato in francese (“Chaleur Humaine”, 2014) e poi “riadattato” nella versione internazionale. Ora, parlare di pop curato e bilingue ci potrebbe portare nei territori impervi di una Céline Dion. Ecco, no, non c’è affatto quel rischio lì. O meglio, con non poco equilibrismo, Christine porta a casa il punto proprio quando bagna i piedi (solo quelli) nei gusti melodici francofoni, caramellati e “totalizzanti”. Il caramello è per l’enfasi, non per le parole zuccherose: la nostra infatti parla di sesso come si addice ad un ragazzaccio. Héloïse oggi si sente libera nel non dover per forza indossare abiti femminili e nel non dover nascondere le sue ferite. Quel senso di libertà è tradotto in canzoni che si muovono con fierezza e rispetto tra Micheal Jackson e le muse di Prince. “Comme ci” suona come le forbici che tagliano le ciocche più lunghe e pesanti di Christine. “The Walker”, poi, chiude una tripletta iniziale da far girare la testa (“La Marcheuse” in francese).
Se proprio deve emergere un riferimento attuale, per “tono” e stile di assimilazione, un nome potrebbe essere la Charlotte Gainsbourg delle tracce più energiche del suo ultimo album. Ecco, anche “Overpowered” di Róisín Murphy (2007) ha qualcosa in comune con “Chris”. Ma, come accennato, c’è questa connotazione non riduttiva di un upgrade per nulla forzato di quell’approccio da signora (o da signore) del pop di qualche decennio fa. Citofonare Ciccone, per esempio. Madonna che nel “Rebel Heart Tour” faceva questa cosa di chiamare un personaggio sul palco durante la performance di “Unapologetic Bitch” e poi via ad un siparietto di ammiccamenti sessuali e banane d’ordinanza. Ma Christine su quel palco a Parigi è sembrata libera, sfrontata e a suo agio come oggi lo è Chris.
75/100
(Marco Bachini)