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Baronciani e Colapesce sono un sintagma di ricerca e semplicità. Il live è come un colpo di nocca dato sulla porta di casa di tua nonna. Tutto è tenue e scivola, anche a distanza di anni, con una delicatezza mostruosa.
Le interazioni tra Colapesce e Baronciani si accendono in ogni disegno, in ogni canzone; la ricerca artistica del cantautore e del disegnatore è autentica, schietta e va su due binari diversi, che però sanno riunirsi perfettamente in vista della stazione centrale: noi siamo lì, pronti a salire sul treno dei suoi brani e di due cover maestose come “La Canzone Dell’Amore Perduto” e “Summer On A Solitary Beach”.
Baronciani è più della mano che accende le canzoni, ma si dimostra uno sparring partner con ritmo e battute di classe, un vero uomo di scena.
Colapesce e Baronciani potrebbero mostrare a Trenitalia come svolgere i lavori sulle linee di domenica senza stravolgere il traffico ferroviario. Sono ingegneri che sulle atmosfere costruiscono impalcature di intuizioni.
Molti brani sono una prima volta per il duo e sono quelli portati in giro durante l’anno dall’Infedele Tour.
La scelta comunque è omogenea e abbraccia tutti i dischi, in egual misura. Tutto parte da Oasi: proprio quel brano mistico, struggente e ruggente dà una dimensione della parte di mondo che Colapesce crea ciclicamente sul palco.
Il suo lavoro non è tanto diverso da quello di un panettiere, le sue canzoni sono pagnotte calde che devono essere spaccate, scrocchiate e mangiate. L’artigiana meticolosità degli acquarelli che fanno da sfondo è il punto esclamativo di canzoni urgenti, necessarie per comprendere il 2018 (e non solo), da un punto di vista social-sentimentale.
Da un punto di vista sonoro il set svela, se mai ci fosse bisogno, la capacità di Lorenzo di lavorare su tracce a strati e costruire delle atmosfere complesse, anche con due pedali e una chitarra acustica.
Le parole delle canzoni si travestono in modi nuovi e possiamo veramente, più che mai, scoprire come quell’ingranaggio della tradizione cantautorale profonda si innovi e riaccenda in un moto perpetuo, antico e romantico.
In una poesia di Beth Bachmann viene detto: “To keep the peace / we need a wall”, al Festival della Partecipazione a L’Aquila grazie a Colapesce e Baronciani abbiamo trovato la pace in un foglio bianco che in ogni evoluzione sonora prendeva una nuova forma, grazie alle sapienti mani di Baronciani.
L’eterno ritorno, l’eterna ricerca della purezza.