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Il 2 novembre 1978, un po’ in sordina come vedremo nel nostro racconto, usciva il primo album dei Police, “Outlandos D’Amour”. Fondamentale incrocio di punk, rock e reggae e melodie killer, che a poco a poco spianerà la strada per la carriera fulminante dei Police, una vera e propria supernova nella storia della musica pop-rock con quei 5 album in 6 anni destinati a rimanere una produzione intangibile di qualità elevatissima.
Nessuno è profeta in patria, almeno all’inizio: la storia di “Outlands D’Amour”
“Outlandos D’Amour” non fece il botto. Anzi. I Police iniziarono a poco a poco, e ai primissimi inizi non furono compresi appieno. Ci volle la tenacia del fratello di Stewart Copeland, Miles, per poter convincere l’A&M a continuare a credere in quel trio che ancora non pareva staccarsi definitivamente dalle precedenti esperienze dei Last Exit (band jazz-rock di Sting) ma soprattutto dei Curved Air (la band prog di Stewart Copeland). I Police navigavano a vista, e ci mettevano tanta convinzione, ma era tutto aleatorio. Per di più nel ’77 i Police avevano iniziato a suonare punk ma il loro background più “colto” li aveva resi poco ben visti dal pubblico londinese ed inglese in generale. I concerti alla fine del ’77 si diradavano: “Roxanne” ad esempio fu composta per caso, a Parigi, una serata in cui i Police suonarono con i Wayne County in un teatro completamente vuoto e quindi se ne andarono poi a zonzo capitando nel quartiere a luci rosse. Erano arrivati a Parigi (e prima a Rotterdam) con la Citroen due cavalli di Andy perché in Inghilterra non riuscivano a fare concerti. Per fortuna il singolo “Fall Out” vendette bene (10.000 copie) e con quei soldi i Police decisero autonomamente di registrare “Outlandos”, senza avere dunque nessun contratto discografico particolare ma pensando di pubblicarlo poi per la Illegal (l’etichetta di Miles Copeland, che aveva edito anche “Fall Out”). La registrazione dunque fu praticamente autoprodotta, agli studios Surrey Sound di Leatherhead con Niger Gray, un medico con la passione per la musica, e discontinua. Entrarono in sala a metà gennaio ’78 e registrarono “Be My Girl”, ma Miles non era convinto. Meglio andò con “Roxanne”: per la prima volta Miles ne fu entusiasta e portò eccitato il brano alla A&M, che accettò di farlo uscire come singolo (7 aprile 1978). Ma anche quello non andò bene, subito: le radio lo misero in una sorta di black list perché era una canzone d’amore per una prostituta. Rigurgiti di puritanesimo in piena epoca punk. Intanto i Police continuarono a registrare “Outlandos” in sessions di due giorni alla volta, quando se lo potevano permettere, fino a giugno, ma soprattutto a mantenersi con altri lavori (Sting faceva il modello per delle pubblicità, e Stewart stilava schede tecniche di batterie per la rivista Sound). La A&M titubava, e comunque il 14 agosto 1978 pubblicò il secondo singolo “Can’t Stand Losing You”, che risultò anch’essa con poco riscontro radiofonico perché i programmatori non erano convinti di mettere in onda un testo che parlava di un suicidio giovanile. Nonostante tutto, l’A&M opzionò “Outlandos D’Amour” e lo pubblicò, appunto, il 2 novembre 1978, in maniera poco convinta. Ma ancora nulla.
La prima svolta a tutto avvenne con il tour sulla costa orientale americana sul finire del ’78: gli americani non avevano problemi con “Roxanne” e le radio iniziarono a passarla regolarmente. A New York i Police suonarono al CBCG e fu un successo. Tornarono in Inghilterra e quantomeno “Outlandos” iniziava a farsi conoscere ma senza entrare in classifica. Per poter canalizzare subito le energie i Police ri-entrarono dunque in studio a metà febbraio 1979, scegliendo ancora lo stesso studio, lo stesso tecnico del suono Niger Gray e la stessa autonomia dalla A&M, a dimostrazione che “Outlandos” e “Reggatta de Blanc” sono album più gemelli che fratelli.
Ma prima dell’uscita di “Reggatta”, che avverrà solo nell’autunno ’79, la A&M provò a ripubblicare, nell’aprile ’79, i singoli “Roxanne” e “Can’t Stand Losing You”: quest’ultimo – finalmente – arrivò al 2° posto della classifica inglese (dopo “I Don’t Like Mondays” dei Boomtown Rats) e da allora la strada dei Police fu davvero in discesa.
(Paolo Bardelli)
Una vittoria sul tempo
La vita dei Police, benché poi “allungata” dalle reunion e da quell’eterno status di sospensione, non arrivò a sette anni pieni. E come sappiamo, in fatto di album pubblicati, successe tutto in cinque. Fa un certo effetto, specie considerato che c’è chi fa passare cinque anni tra cominciare a lavorare su un disco e pubblicare il medesimo. E allora la produzione ricca e influente dei Police va letta alla luce di questa vittoria sul tempo. Se non teniamo presente questo, rischiamo di assegnare “Outlandos D’Amour” a tre punk brufolosi e “Synchronicity” a gente con la tenuta in Toscana. I tasselli, ferma restando l’evoluzione, sono probabilmente un po’ più sovrapponibili di così. I Police di “So Lonely” e “Peanuts” sono musicisti che intersecano già il rock col reggae, il punk con ciò che col punk sembra non avere nulla in comune. Ha in nuce gli echi world (“Masoko Tanga”) e qualcosa delle traiettorie jazz che da “Zenyatta Mondatta” vedremo più in superficie. Ha il tiro ma anche la semplicità del pop nei ritornelli (il chorus di “Truth Hits Everybody”). Soprattutto ha tre personalità evidentemente diverse, le quali, però, non potevano non incontrarsi lì (con buona pace di Henry Padovani, il primo chitarrista). Questo li rende una specie di meccanismo a orologeria. Quando parte “Next To You” (la prima traccia) il timer dei Police probabilmente è già azionato. Si sa che un giorno potranno prendere strade diverse. Si sa che il secondo disco sarà ispirato in maniera irripetibile. Si sa che l’ultimo sarà il modo più struggente per salutarsi. Quindi quando scorrono “Truth Hits Everybody” o “Can’t Stand Losing You”, stiamo ascoltando un disco ma anche l’inizio di una storia che con gli altri quattro capitoli va raccontata tutta d’un fiato. Una storia con dentro già troppe cose per metterci anche dei dettagli inutili. Il finale e l’inizio, dicevamo, si abbracciano più di quanto non appaia.
(Marco Bachini)
La dichiarazione di intenti dei Police
Non sono obiettivo con “Outlandos” perché mi ha davvero accompagnato per mano all’interno della passione per la musica. Però cercherò di esserlo: i Police si inserirono nel filone punk (che cosa è “Next To You” se non punk?) ma erano troppo bravi tecnicamente da poter rimanere intrappolati in quel cliché: l’ibridazione con il reggae portato all’attenzione di tutti in quegli anni da Bob Marley, una certa propensione al dramma da “operetta” (la declamazione di “Be My Girl—Sally”) ma soprattutto una capacità melodica e di scrittura senza eguali portano “Outlandos” fuori da ogni etichetta. Quindi non conta che “Outlandos” sia l’album che contiene una canzone senza tempo come “Roxanne”, perché il debutto dei Police non può essere limitato a quella meraviglia di pezzo: l’energia che si sprigiona – ad esempio – da una “Born In The ’50s” e da quel cantato blues ruvido di Sting (caratteristica di tutto l’album, in cui Sting canta effettivamente in maniera più roca e diversa dallo stile più pulito dei successivi lavori) è ancor oggi sbalorditiva. “Outlandos D’Amour” è dunque la dichiarazione di intenti che i Police, nel loro prosieguo, avrebbero potuto fare tutto, come poi fecero. Salvo fermarsi molto presto, a quota cinque album, per lasciarci la loro immagine il più fulgida possibile.
(Paolo Bardelli)
Born in 50’s
Se “Outlandos d’Amour” compie oggi quarant’anni, sono invece undici quelli trascorsi dalla prima (e unica) volta da spettatore dei Police. Era il 2 Ottobre 2007 allo Stadio Delle Alpi di Torino, mai visitato da tifoso eppure degno di una finale di Champions League data la presenza di quasi settantamila persone. Forse inaspettatamente il loro seminale esordio ha costituito asse portante del reunion tour, alla stessa maniera dell’ultimo “Synchronicity” del 1983: due album che non potrebbero essere più differenti tra loro, a partire dall’enorme budget di produzione di quest’ultimo per terminare con i rapporti irrimediabilmente frantumati tra i componenti del gruppo. I tre ragazzi di “Outlandos d’Amour” venivano da diversi background musicali ma si erano uniti nel nome dell’amore per il punk, riletto in chiave reggae in “So Lonely”, freak nell’irriverente “Peanuts” dedicata all’ex-mito Rod Stewart o magari power-pop nella splendida “Truth Hits Everybody” (con “Hole In My Life” gradite outsiders del live di Torino). Temi quali la prostituzione e il suicidio erano risultati indigesti alle orecchie di radio e critica, che avrebbero esaltato i Police solo da lì a un paio d’anni arrivando a definirli The Biggest Band In The World al momento dell’uscita proprio del disco di “King Of Pain”; estro e perseveranza tuttavia non difettavano a Sting e soci e i prodromi del successo erano gettati. Naturale quindi che quella sera “Can’t Stand Losing You” evolva in “Reggatta De Blanc” in medley e che la gente vada in visibilio sulle languidi note di “Roxanne” o con una versione tiratissima di “Next To You”, che da pezzo finale ha suggellato la trasferta piemontese.
“Would they drop the bomb on us While we made love on the beach
We were the class they couldn’t teach ‘Cause we knew better
We were born Born in the Fifties”
(Matteo Maioli)