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Credo che per sintetizzare il mio pensiero a riguardo di questo disco, nel presentarlo a qualcuno, mi basterebbe dire “la sintesi di quello che è successo in musica elettronica in questo paio d’anni, solo messo a fuoco e destrutturato”. Si sta cominciando ad abusare di questo termine ‘destrutturato’, ma in questo caso è quello che centra più il punto.
Il giovane producer inglese, alla prese con il suo terzo album, abbandona i territori ‘industrial-techno’ per cominciare il suo nuovo disco con un’esplosione di archi; aiuto, sta per partire l’ennesimo disco di elettronica che segue territori neoclassici? Già un nome ormai di riferimento come Onehotrix Point Never ci ha abituato a vedere inserite in contesti iper contemporanei momenti che i più chiamano “medievali” ed il clavicembalo è ormai tornato un suono comune.
E sì, il clavicembalo lo sentite anche in “Queen of Golden Dogs”. Ma no, non siamo di fronte all’ennesimo disco del “medioevo digitale”. Sembra, invece, che il musicista di Bristol si sia svegliato una mattina e abbia cominciato a pensare di insegnare agli altri come si fa.
Vessel prende suoni classici, li mischia a situazioni-limite care al Novecento, centrifuga il tutto nella contemporaneità sintetica e quello che esce fuori è un gran bel lavoro. Stile, contenuti, la proposta di Vessel prende forma nelle sue mille sfaccettature per presentare qualcosa di veramente nuovo semplicemente giocando con i codici dei linguaggi che utilizza, e passa da batterie ultra-saturate e synth digitali e ciccioni a clavicembali tiratissimi (che infatti sembrano piazzati lì, più che per posa, per una precisa sceltadi sound design) senza mai perdere la propria coerenza interna.
L’impatto che ha sull’ascoltatore poi non è indifferente: se sicuramente lascerà a bocca aperta al primo ascolto, lo farà di più al decimo; ed è proprio questo giocare sull’immediatezza tanto quanto su una complessità (di composizione tanto quanto nel riconoscere ed interiorizzare tutti gli elementi che compongono i nove brani di questo LP) che fanno di Queen of Golden Dogs uno di quei dischi che sopravvivranno al 2018, e dal quale magari ripartire per affrontare questo tipo di discorso sulla musica elettronica.
Se ve lo eravate perso, recuperatelo prima che i listoni di fine anno tumulino l’anno che va a finire.
77/100
(Matteo Mannocci)