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Proveniente della working class inglese, è prima direttore artistico di Givenchy, poi, con un suo inconfondibile brend, è diventato uno degli stilisti più innovativi ed eccentrici della Moda, premiato ben quattro volte, tra il 1996 e il 2003, al British Designer of the Year Award, individuato già nel lontano 1992 da Isabella Blow, fashion editor, talent scout, musa di stilisti e poi sua amica, come un enfant prodige alla Saint Martins School of Art,1992.
Le sue sfilate erano vere e proprie teatralizzazioni, sorta di performance seduttive e provocatorie che, come il suo marchio e il suo stile, hanno rivoluzionato il mondo della Moda e flirtato con le Arti visive, portando sulle passerelle – mai fermandosi lì! – la sua ricerca d’avanguardia nelle forme, nei materiali, nei colori, negli accostamenti arditi di ogni elemento e linguaggio; ha inventato, quindi, non solo una caratteristica fashion ma una poetica: onirica, piena di colti simbolismi, di stratificazioni immaginifiche, tante atmosfere futuribili, talvolta cyber, e con qualcosa di perennemente malinconico, con tocchi velatamente disturbanti e una spiazzante carica di ironia.
Apparizioni stranissimi, i suoi abiti, gli accessori e le modelle vestite di tutto punto con piume, svolazzi, luci, impalcature soffici o più morbide, aguzze o biomorfe, concave e convesse, in un gioco continuo di rimandi, composizioni, volumi.
Ma la dose ludica, in McQueen nascondeva una cupezza oscura, dovuta alla sua personalissima riflessione sulla morte, anche in chiave spirituale, con un’attenzione quasi morbosa al tema della trasformazione, che lo hanno reso un’icona espressione del proprio tempo, tanto complesso, buio, inquietante, che ha esaltato ma poi intrappolato sotto la sua coltre malata tanti talenti, che ne sono usciti provati; meteore con una propria storia unica, esagerata, eccellente, artisticamente e intellettualmente non omologata e speciale; protagonisti “cari agli Dei”, e per ciò morti giovani.
Alexander McQueen è stato trovato impiccato – poco tempo dopo la morte della madre – nella sua abitazione londinese l’11 febbraio 2010.
Il documentario diretto da Ian Bonhôte e Peter Ettedgui e con le musiche di Michael Nyman è stato nelle sale cinematografiche italiane dal 10 al 13 marzo 2019.
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