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“Plastergaze” è un soffio.
Non un respiro qualunque, ma quello di una nonna che dopo esserti sbucciato il ginocchio ti soffia
con gentilezza e grazia sulla ferita che seppur superficiale, in quel momento, è per te la piaga più dolorosa del mondo.
Il ritorno dei Cosmetic è un disco che si scontra in modo aperto con i timori, i dissidi e le battaglie personali, il lavoro ha un coraggio di fondo e una consapevolezza ritrovata dopo il riassetto di “Core”.
Il suono accarezza dei binari cari alla band, che si muove con delicatezza tra atmosfere psichedeliche e lo-fi. I Cosmetic dimostrano di aver saputo stagionare e pesare il loro sound con le giuste proporzioni, sfruttando tutte le possibilità che ci si ritrova davanti grazie all’esperienza.
Il disco è un viaggio di espiazione di colpa, in senso quasi nietzschiano, e insieme al lavoro appena uscito dei Quercia riesce a rinvigorire la linfa dell’emo italiano, anche se ormai i Cosmetic sembrano piuttosto distaccati da certe sonorità ruvide.
“Plastergaze” centra e c’entra in tutto ciò che oggi può rompere i costumi “morali” della musica contemporanea, e si propone come un bignami per scoprire una forma di bellezza nell’essere mai allineati.
I Cosmetic, in pezzi come “Crociera”, “Un Litigio” o “Sostanze” dimostrano di essere eterni se-stessi.
In un piccolo parallelismo, azzardato, si potrebbe accostare la loro maturazione con quella di una band del calibro degli “American Football”: come gli statunitensi, i Cosmetic, sono stati capaci di abbattere le loro cortine e lanciarsi in un universo semantico molto più grande che ora riesce a raccontare orizzonti sempre più ampi.
“Plastergaze” aggiunge un tassello significativo, non definitivo, alla costruzione di un vocabolario complessivo della band, che sembra aver ritrovato una solidissima coerenza e propensione alla ricerca.
In “Plastergaze” i Cosmetic tracciano un solco tra i morti e i vivi, sembra effettivamente di essere in un film di Romero, dove spesso si perde il confine tra la vita, la morte e la sconfitta del senso dell’eternità.
L’esempio dei Cosmetic deve essere chiaro e fulgido per chi si affaccia, da relativamente poco sulla scena, penso a band come Gomma o Quercia.
“Plastergaze” è un inno alla longevità, è come l’ennesima stagione di “Criminal Minds” che alla fine vedrò anche quest’anno, non perché non riesco a farne a meno, ma perché l’affezionarsi alle persone, ai suoni e alle storie è molto più potente di qualsiasi moda.
I Cosmetic sono fuori moda, grazie a Dio.
72/100
(Gianluigi Marsibilio)