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Sono tanti anni che i Matmos provano ad essere l’anello di congiunzione tra un certo tipo di elettronica (IDM, si diceva una volta) e la musique concrete. In una vecchissima intervista dichiaravano di rifiutare un approccio da puristi e di preferire il provare a disattendere sempre le aspettative del loro pubblico, piuttosto che catalogarsi in un unico genere, prendendo come ispirazione l’attitudine di band come i Throbbing Gristle.
Nei loro venticinque anni di carriera i loro concept hanno spaziato dall’utilizzo di suoni provenienti da procedure chirurgiche fino a quelli ricavati da una lavatrice. Questa volta però il duo di San Francisco ha deciso di aggiungerci un pizzico di politica in più, utilizzando interamente sample ottenuti da oggetti di plastica. Alcuni esempi di “strumenti” utilizzati sono contenitori, protesi in silicone o addirittura grasso umano sintetico. Quest’ultimo una sorta di filo conduttore con “A Chance To Cut Is A Chance To Cure”, il loro disco più carnale, quasi nel senso cronemberghiano del termine.
Contrariamente alla serietà del tema di partenza, i Matmos riescono a tirar fuori un disco che a tratti suona giocoso (non infantile, attenzione), e stravagante.
I 40 minuti scorrono in maniera incredibilmente compatta, nonostante la varietà incredibile dei pezzi. Si passa da pezzi pieni di glitch, drill e microsuoni più standard ad improbabili momenti maestosi, come la title track, a detta loro una sorta di “parata celebrativa”, per arrivare a ‘Collapse of the Fourth Kingdom’, una specie di samba grottesca e inquietante.
Uno degli highlight del disco è ‘Thermoplastic Riot Shield’, con le sue esplosioni post-industrial, che la fanno assomigliare ad un pezzo di Arca sciacquato in acqua contaminata da microplastiche.
La parola “plastica” origina dal greco “plassein”, che vuol dire formare, plasmare. Un significato che si sposa perfettamente non solo con questo disco dei Matmos, ma praticamente con tutto quanto fatto da loro nell’ultimo quarto di secolo, con una coerenza di fondo che rende anche “Plastic Anniversary” molto più di un semplice esercizio di stile.
Non è solo un disco di denuncia e di allarme contro l’inquinamento causato dalla plastica, ma un lavoro che ha come tema le scelte che le persone fanno riguardo alla plastica.
Più Matmos, meno plastica.
75/100
(Carmine D’Amico)