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[…]this is how you smile to someone you don’t like too much; this is how you set a table for dinner with an important guest; this is how you smile to someone you don’t like at all; this is how you smile to someone you like completely; this is how you set a table for tea; this is how you set a table for dinner; this is how you set a table for dinner with an important guest; this is how you set a table for lunch; this is how you set a table for breakfast; this is how to behave in the presence of men who don’t know you very well, and this way they won’t recognize immediately the slut I have warned you against becoming;[…]
Classe 1980, Roberto Carlos Lange racchiude la componente più chill che può generare la fusione tra origini latine e la sperimentazione pop-folk newyorkese: in arte Helado Negro, Lange, nato nel sud della Florida da genitori ecuadoregni, ha pubblicato l’8 marzo scorso il sesto album della sua carriera, “This is How You Smile”, per l’etichetta indipendente RNVG Intl.
Il titolo riprende una citazione dal racconto breve “Girl”, ad opera della scrittrice sudamericana Jamaica Kincaid, dove una madre dà una serie di indicazioni sul comportarsi e sul vivere decorosamente alla figlia, non senza una buona dose di cinismo. Lange riprende il senso di questo discorso generazionale nelle dodici tracce del disco, affrontando un personale – seppur estendibile a tanti – tête-à-tête con la propria infanzia di figlio di immigrati, fino ad arrivare alle relazioni costruite dall’adulto di oggi.
Helado Negro sembra aver trovato il modo di raggiungere il suo lato sperimentale più rilassato, non affrettato e maturo, attraverso questo dialogo incessante genitore-figlio/passato-presente che alterna spagnolo e inglese, a sottolineare l’ambivalenza di un rapporto tra la generazione dei genitori espatriati e la seconda generazione dei figli nati nel luogo d’arrivo che si ritrovano a fare i conti con le proprie doppie radici (Lange non è nuovo a queste riflessioni: già nel suo disco precedente, “Private Energy”, affrontava a suon di elettronica synth-folk il tema dell’emarginazione delle persone di colore).
L’album si apre, in “Please Won’t Please”, con un’atmosfera quasi catartica di accettazione – dell’ambivalenza di sentirsi appartenenti a due mondi diversi che si riuniscono e vanno a formare un’unica persona: “history shows that brown won’t go, brown just glows” canta Lange immerso in lievi sintetizzatori ed echi leggeri di pianoforte. Le tracce si susseguono tra pezzi composti dalla classica chitarra a tracce esclusivamente strumentali che danno all’autore modo di sperimentare più incisivamente con la modulazione di suoni spaziali e naturali incastrati in composizioni più elettroniche, sintetiche, come “Echo For Camperdown Curio” o la più articolata “November 7”, che si apre con la voce di un bambino che chiama la madre, “mom!”, unica parola del pezzo in un susseguirsi di sintetizzatori e distorsioni di suoni ambient.
Il clima del disco trasporta quasi senza impegno e senza sforzi, con le sue atmosfere latin folk che a tratti sfociano in un leggero funky jazz, in un ammirevole lavoro di continuità e fusione tra voce che mai prende il sopravvento e sperimentazioni sonore degne di un’installazione d’arte (Lange lavora infatti anche nel campo della visual e sound art dai tempi del college). Notevoli anche “Sabana De Luz”, che per ritmo e cori sussurrati ricorda l’atmosfera di “Mala” di Devendra Banhart, e il pezzo di chiusura, “My Name Is For My Friends”, creato a partire da registrazioni fatte da amici di Lange in vari momenti intimi della loro vita, che si susseguono mixate una con l’altra a formare un tessuto aurale di dettagli condivisi, come un breve racconto d’amicizia.
“This Is How You Smile” diventa quindi un passaggio di pacifica riflessione attraverso i ricordi, di paragoni tra le aspettative di due generazioni, di naturali tentativi di fuga dalle proprie origini che però rimangono lì, inevitabilmente nella pelle, e della successiva adulta accettazione, del finale riconoscimento di sé come individuo legittimamente formato e composto da tutto questo: “because I feel you in my mind all the time, because I see you in my hands everyday, you got me running just like you”.
75/100
(Chiara Toso)