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Due mesi di grandi uscite nel mondo dell’avanguardia e della techno tra le uscite elettroniche da non perdere di marzo e aprile 2019.
Rian Treanor, “ATAXIA” (Planet Mu)
Rian Treanor debutta col suo primo album sull’eccellente Planet Mu. Il figliol prodigio del musicista Mark Fell, negli anni ha eretto un sound ricco ed estremamente d’impatto. Singolare il fatto che a sua detta, la sua sia musica non nuova. Per noi, “ATAXIA” non delude le aspettative: benvenuti, ecco un bel muro di suono di loops in continua evoluzione, percussioni metalliche frenetiche e glitch luccicanti; contaminazioni funk e UK garage, e alte doti di programmazione completano il pacchetto. Il risultato di studi accademici, ma anche di numerose influenze rave (bagaglio culturale trasferitogli soprattutto dal padre). Difficile inquadrare il lavoro con una singola etichetta artistica, anche alla luce dell’interesse di Treanor nell’esplorazione di opposti: “fluidity and syncopation,” “systematic and unpredictability,” “reduction and extremity,” “irregular symmetry,” “easy listening and brutal”.
Fennesz, “Agora” (Touch)
Tutti i bambini sognano una casa sull’albero. Un’isola sicura, un nascondiglio personalizzato dove rifugiarsi e ritrovare serenità. La musica di Fennesz, metaforicamente svolge la stessa funzione. Il suo primo album in quattro anni “Agora” è un lavoro prezioso, da ascoltare e conservare con cura, di quelli che devi sempre tenere pronto nel cassetto: anche una tantum, sai che ti darà sollievo. Ambient music su cui si può contare sempre e comunque.
Clever Austin, “Pareidolia” (Touching Bass)
Il virtuoso, caldo e ipnotizzante sound degli Hiatus Kaiyote, una volta diffusosi nel mondo al rilascio dell’album “Choose Your Weapon”, ha letteralmente conquistato il cuore di nuove e vecchie generazioni di fans di diverse scene. Clever Austin (aka Perrin Moss), drummer del gruppo e originariamente un producer hip-hop, presenta “Pareidolia”, il suo primo album da solita. Leggi la press release ed è subito massimo entusiasmo, poi cade l’occhio sui featuring – Georgia Anne Muldrow, Jon Bap, Cazeaux O.S.L.O. e Laneous – e sai già di doverlo acquistare e recensire, prima ancora di averlo ascoltato. C’è del funk, del soul, del jazz, triabalismi disinvolti, pathos sensuale e sublime. E’ un invito a una danza del ventre collettiva, all’aperto o in una venue al chiuso, alle prime luci del mattino o in notte fonda.
Bèzier, “府城” EP (Honey Soundsystem)
Il musicista taiwanese-americano Bézier dirige le danze dell’ultima uscita targata Honey Soundsystem, il collettivo di DJs americano capace di organizzare eventi strepitosi e proporre insieme techno, house, disco, wave e synth-pop. Rimasta ferma nel 2018, la label torna in gran stile con “Lexicon”, un disco che di consacrazione per Bezièr, che segue a ottime release su Dark Entries e Cin Cin. Queste tracce, fatte a pane, vocals e samples vari, sono state create nell’appartamento della nonna a Tainan, in Taiwan. Si avverte una certa inquietudine di fondo, in queste tracce; ritmiche pulsanti, synth soffusi e bleep invadenti solleticano udito e bacino. Si tratta di un racconto sonoro ed emotivo che il producer vuole e si sente di dover trasmettere, in una piacevole e spigolosa ibridazione di leftfield house, italo ed electro-wave.
Jay Glass Dub, “Epitaph” (Bokeh Versions)
“What if Lee Scratch Perry had Ableton?”. Bene, adesso attirata la vostra attenzione l’attenzione, possiamo subito passare al track by track di “Epitaph” scritto da Jay Glass Dub, per una delle nostre label preferite, Bokeh Versions, on heavy rotation nelle nostre cuffie da Gennaio. L’intro dell’album è ispirato a uno dei più antichi reperti trovati di una composizione musicale completa del mondo antico, “The song of Seikilos”, a cui segue una collaborazione con la greca Yorgia Karidi. Punk, free-form e psych flirtano con il sassofono di Ben Vince in “Evil Empire”, mentre i due minuti di “Interlude I” battono sulle porte dell’inferno, attraverso il quale si accede attraverso il salmo di “A new model for emulation” e oltrepassando ancora un altro “Intro”, strisciamo lenti verso la fine con un altro featuring con Yorgia. In “To my Benefitors “, bassi, percussioni e vocal anticipano le dinamiche dello scontro – antico e futuristico, glaciale e caraibico, caotico e disciplinato – peculiare dello stile del producer greco, Dimitris, “Interlude II” e”Reckless” ci danno un’idea della sua intensità. Un album nel quale collassano i suoi vecchi progetti, per aggrapparsi su un’impalcatura dub inossidabile e su un tappeto di dark ambient illuminata e industrial pop.
Caterina Barbieri, “Ecstatic Computation” (Editions Mego)
È trascorso ormai tanto tempo da quando seguiamo Caterina Barbieri, ancora vividi quei momenti in cui la si trovava a giocare coi synth in giro per eventi romani, tutt’oggi la producer è ancora capace di stupire. Sì, questo è ancora un full-length, quello che cambia adesso è lo spessore della label: Editions Mego, punto di riferimento in Europa e nel mondo per un certo di elettronica. Per il momento, ci sono concessi solo i 10 minuti del singolo dell’album, “Fantas”, che non fanno altro che alzare il livello della tensione dell’imminente conflitto tra la glaciale intelligenza artificiale e l’ardente transe dissociativa. Il disco è disponibile in full dal 3 maggio.
Nkisi, “7 Directions” (UIQ)
Nkisi è un’artista congolese, cresciuta in Belgio e attualmente residente a Londra, affiliata al collettivo di artiste africane NON Worldwide. Non a caso, “7 Directions” è ancorato alla cosmologia Bantu-Kongo, e dedicato in particolare agli scritti del Dr Kimbwandende Kia Bunseki Fu-Kiau; la label in questione non poteva che essere la UIQ di Lee Gamble, dove in copertina riporta un simbolo che in cosmologia denota i cicli, il movimento e le connessioni -tutto in un bellissimo packaging. È buio pesto, spesso da non poterci vedere attraverso, così afoso da togliere il fiato; eppure ci si mette veramente poco ad abbandonarsi sulle infinite percussioni del disco che, in maniera continua, picchiano, alterando la percezione e rendendo qualsiasi previsione sonora impossibile. Un rito sciamanico di 45 minuti, dominato da poliritmìe che generano energie, le quali vengono rarefatte, rimodellate e, inaspettatamente, redistribuite, creando bagliori sonori. Perdonate il ritardo su questo disco visionario, quindi recuperiamo e addomestichiamo l’allucinazione selvaggia.
Clouds, “Sharp Like A Razor” (Headstrong Records)
Niente, qui semplicemente un face-melter in pieno stile UK, per salutare chi, come noi, si trova sempre in bilico sul filo di un rasoio. Consigliato l’ascolto dell’intero disco!