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Attiva da un paio d’anni la giovanissima cantante norvegese aveva già trovato il modo di farsi notare con l’EP “Don’t kill my vibe” tanto da meritarsi alcuni tra i più importanti palchi di festival europei come Reading e Leeds.
Il suo percorso è poi proseguito dando alle stampe una serie di singoli di notevole impatto, brani che poi ritroviamo, quasi tutti, in questo “Sucker Punch” dove Sigrid (Sigrid Solbakk Raabe il nome completo) cerca di tirare le fila degli ultimi velocissimi primi 700 giorni della sua carriera.
La voce cristallina e un talento innato nel riuscire a dosarla alla perfezione contribuiscono a confezionare dodici brani coinvolgenti, che cercano di uscire dai soliti canoni del pop prendendone in prestito gli elementi più catchy. Melodie solide e ritmi serrati uniti alle virate aspre e taglienti sono la ricetta per scardinare ogni riferimento al genere più commerciale. Basta ascoltare “Basic” che con un ritmo incalzante e un mood lo-fi va ben oltre all’ ”orecchiabile a tutti i costi”. Anche per “In Vain”, uno dei brani meno artificiosi, la cantante riesce a mantenere un timbro talmente cupo e lascivo da far invidia ad Elena Tonra. La bella “Don’t kill my vibe” piena di variazioni, lascia senza parole e con le sue “montagne russe” vocali, la cantante dà sfogo a tutto il suo repertorio.
Le già note ma sempre trascinanti “Sucker Punch” e “Strangers” confermano che siamo davanti ad un lavoro completo e convincente come pochi album d’esordio riescono ad essere, soprattuto in un genere la cui maledizione, la ripetitività, è sempre in agguato. Nonostante la sensazione, ascoltando “Do not Feel Like Crying” e “Sight of You”, sia quella di avere davanti Sky Ferreira con qualche arma in più, nulla toglie alla levatura di Sigrid. Riprova ne sono le versione acustiche di “Sucker Punch” e “Strangers” tanto profonde e scarne che non serve altro per rendersi conto di essere di fronte ad un’artista completa ed a uno dei più sorprendenti lavori indie-pop usciti quest’anno.
80/100
(Raffaele Concollato)