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Nel 2005 usciva “Lurker of Chalice”, unico album dell’omonimo side-project di Jef Whitehead (aka Leviathan) one-man band depressive black metal americana. Un album pieno di orrore e squarci emotivi, compositivamente eccellente, dedicato alla sua ormai defunta amata portata via da un tumore maligno. Prendo questo album a campione solo per estrapolarne le sensazioni che mi scaturirono in mente sin dal primo ascolto.
In quel periodo stavo leggendo “realismo capitalista” di Mark Fisher, ero entrato in contatto con il Black Metal Theory Symposium di Nicola Masciandaro e sentivo come adesso un peso enorme sul cuore: l’imminente fine del mondo, di tutto, un’assenza quasi totale d’ipotesi di futuro.
Ogni giorno in maniera quasi masochista ascoltavo questo album immaginando paesaggi sempre più bui nel quale crogiolarmi, che in qualche modo riuscivano a sollevarmi l’animo grazie al forte propulsore immaginario e al contempo nichilistico qual è il black metal. Ad un certo punto l’apocalisse aveva iniziato ad addentrarsi nella mia mente, tutta la carica oscura tipica del genere sembrava permeare totalmente il presente che io e molti altri della mia generazione vivevamo e stiamo ancora vivendo; il black metal non mi è mai sembrato più contemporaneo di adesso.
Non sappiamo l’esito dei giorni che verranno, ma sicuramente monoliti sonori di questo tipo offrono un’ottima colonna sonora nell’attesa che le terra giunga al collasso climatico totale e di conseguenza la fine della storia umana.