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Iniziano oggi i nostri approfondimenti (sempre nell’ambito della rubrica #AfricaForAfrica #AFA) di alcuni degli artisti che parteciperanno a Mondo Sounds Festival, il festival internazionale che ha come specifico i suoni del “sud del mondo”, e che si terrà il 28, 29 e 30 Giugno 2019 a San Vito Lo Capo (TP). A questo link tutte le info sul Festival di cui Kalporz è partner.
Probabilmente questo ragazzo è il nome, all’interno del cast degli artisti che prenderanno parte a Mondo Sounds, più significativo su di un piano ideologico per rappresentare nella maniera più forte possibile il contenuto del messaggio che questa iniziativa vuole lanciare. Posso sbagliare, ma come si fa a parlare di “sud del mondo”, senza parlare di mezzogiorno e allo stesso tempo senza affrontare il tema dei migranti e che in Europa tocca principalmente da vicino il nostro paese per ragioni che sono evidentemente di natura geografica e che ci devono fare rivedere il nostro ruolo sul Mare Mediterraneo e che peraltro è sempre stato fondamentale storicamente. E strategico. Fino a quando gli USA decisero di stabilire le basi NATO nel nostro paese. Non fu solo una scelta dovuta a un “controllo” posizionale dovuto alla fine della guerra, gli anni contraddittori che avevano segnato la storia del nostro paese, la paura del comunismo: era una scelta strategica mirata per quello che riguarda la guerra fredda. Napoli era una specie di crocevia dagli USA al Vietnam e in una maniera concettuale, considerata alla stessa maniera.
Comunque oggi il Mediterraneo si colora di rosso sangue: sono storie drammatiche che conosciamo tutti, basta leggere i giornali per conoscerle e se vi fermate per strada a parlare con le centinaia di persone invisibili, criminalizzate da una propaganda razzista e da un clima d’odio insostenibile, forse trovate chi ve le racconta direttamente. Sono storie anche diverse, ma che hanno come comune denominatore una componente drammatica, tragica, ma anche una componente che significa “speranza nel futuro” e che forse in fondo invidiamo a queste persone che invece vogliono vivere e manifestano questa volontà in una maniera così forte e coraggiosa.
Christopher Goddey, in arte Chris Obehi, è un ragazzo nigeriano. Ha 22 anni, è arrivato in Italia cinque anni fa. È stato in una prigione libica per 4 mesi, poi è salito su un barcone, è arrivato a Lampedusa, poi Messina, oggi Palermo.
È un cristiano cattolico: pochi lo sanno, ma molti nigeriani che oggi sono in Italia sono cristiani cattolici, molto spesso anche particolarmente devoti, costretti a scappare dalla persecuzione di Boko Haram. Conosco la storia, non quella personale di Chris Obehi, ma quella di altri ragazzi che sono qui e in situazioni molto più complicate, perché per fortuna Christopher in qualche maniera sta riuscendo a trovare una sua strada qui in Italia e questo succede grazie alla musica: frequenta il conservatorio e suona pianoforte, basso, batteria e chitarra. Sogni di diventare un insegnate di musica, ma per ora canta e adesso scrive anche delle canzoni. Delle ballate per chitarra classica che, per quello che posso sapere della scena musicale italiana indipendente, potrebbero farne uno dei nomi emergenti e – glielo auguro sinceramente – magari in prospettiva di successo o almeno di relativo successo. Ma questo è poco importante.
Quello che conta è il messaggio e quello che posso dire è che questo ragazzo colpisce sicuramente, ma lo fa più per la semplicità che perché ricerca soluzioni musicali complesse. Si può dire che in fondo qui parlare di “musica africana”, abbia poco senso. Ma questo simbolicamente è ancora più forte e ci spinge a andare oltre ogni barriera.
Fondamentalmente scrive ballate per chitarra classica e/o acustica, che sono fortemente condizionate dall’entroterra culturale in cui vive sul piano stilistico, ma pure da una tradizione di scrittori di canzoni di protesta a partire da Bob Marley e finire con Joe Strummer, ma non è tutto qui. Ho avuto diverse visioni: Matt Elliott che suona “Il galeone” di Belgrado Pedrini, Seu Jorge che suona le canzoni di David Bowie in “The Life Aquatic…” e infine Domenico Modugno. E sì. Perché se la canzone simbolo è “Cu Ti Lu Dissi” di Rosa Balistrieri, con cui Chris sente un forte legame sul piano empatico, mi viene da pensare a quel lavoro incredibile che il mitico Modugno faceva nel recuperare tutta una tradizione meridionale per quello che riguarda la musica leggera.
Sì, va bene, sono paragoni e confronti molto importanti, nomi illustri come quello dello stesso Modugno, di artisti molto sofisticati come Matt Elliott e di successo come Seu Jorge (senza parlare dei miti Bob Marley/Joe Strummer). Ma muoviamoci all’interno di questo quadrato, senza barriere però, e vediamo dove questo percorso lo porterà.
Emiliano D’Aniello