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L’arena di Santa Giuliana è gremita per il concerto dei King Crimson, band che con questo tour celebra i 50 anni di carriera. L’ensemble di musicisti messa in campo da Robert Fripp è mutata sempre negli anni e questa sera impressiona lo spettatore grazie alla presenza di addirittura tre batterie poste in prima fila, suonate magistralmente da Gavin Harrison, Pat Mastellotto e Jeremy Stacey che si alterna anche alle tastiere. A completare la formazione l’immancabile Tony Levin al basso, un ritrovato Mel Collins ai fiati e Jakko Jakszyk alla chitarra e voce.
Lo show, a differenza di quello di Nick Mason della sera prima, punta su una scenografia minimale: la concentrazione richiesta allo spettatore è unicamente rivolta alla musica, aspetto sottolineato anche nell’invito a inizio concerto a mettere da parte i cellulari e i dispositivi elettronici. La scaletta proposta va a pescare dappertutto nel repertorio della band, riuscendo in ogni caso a integrare un unico discorso narrativo coerente; si passa così da brani come “In the court of the Crimson King” tratti dal periodo del prog classico a “Discipline e Frame by frame” dall’avveniristico album del 1981.
La performance è inappuntabile, in particolare nello show pirotecnico delle tre batterie che si coordinano in modo perfetto. La voce di Jakko Jakszyk emerge per il suo timbro delicato e melodico. Anche Mel Collins dà del suo meglio sia al flauto che al sax e spesso si diverte ad inserire citazioni pop nelle linee di fiati (un breve accenno va all’ “Inno di Mameli” e a qualche brano celebre come “Mercy, Mercy, Mercy” dei Buckingams). Fripp come al solito, seduto e defilato dietro il suo rack a lato del palco, è concentrato nel dispiegamento di intarsi chitarristici ipnotici, nei soli dal sustain infinito e, al momento giusto, nel gettare fuori i riff dal tono inquietante e minaccioso che l’hanno reso celebre.
Il live va avanti per quasi tre ore con una pausa intermedia di venti minuti. In chiusura abbiamo la fortuna di ascoltare dal vivo l’esecuzione di quel capolavoro della musica tutta che è “Starless”, un viaggio cosmico che rivela tragicamente la piccolezza e l’impotenza dell’esistenza umana nei confronti dell’universo e delle sue dinamiche. Il bis è dedicato al loro brano più celebre, “21st century schizoid man”, momento nel quale la serietà del concerto viene finalmente un po’ allentata dal pubblico che si alza dalle sedie per accorrere direttamente sotto al palco.
Un concerto memorabile, nonostante la quantità e la complessità del materiale abbia probabilmente messo alla prova le orecchie meno allenate all’intera discografia della band.
Foto dalla pagina Facebook di Umbria Jazz e dal sito ufficiale di Tony Levin
Scaletta:
Drumsons
Larks’ tongues in aspic
Suitable grounds for the blues
Cirkus
Moonchild
Cadence and cascade
In the court of the Crimson King
Discipline
Frame by frame
Larks’ tongues in aspic part IV
Islands
Sheltering Sky
Neurotica
One more red nightmare
Drumzilla
Epitaph
The construktion of light
Radical 1
Meltdown
Indiscipline
Starless
21st century schizoid man
(Eulalia Cambria)