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Si può capire molto di un concerto dal modo in cui il pubblico si avvia verso il luogo dell’evento. La discesa che porta da Corso Vannucci nel cuore di Perugia verso l’Arena Santa Giuliana attraverso le scale mobili della storica Piazza Italia e la Rocca Paolina è affollata di persone, colori e jazz: nonostante sia il sabato dell’ultimo weekend di un’edizione record dell’Umbria Jazz Festival, il pubblico di Thom Yorke procede sicuro e raccolto verso Santa Giuliana come se tutto ciò che accadesse intorno neanche lo sfiorasse. È un procedere che ha in sé qualcosa di religioso, a conferma che Thom Yorke è ormai paragonabile a una sorta di divinità della musica contemporanea. Una volta entrati nell’Arena ci si rende conto che il pubblico è numeroso sebbene maggiormente selezionato e variegato rispetto a un concerto dei Radiohead: Yorke è riuscito attraverso la sua attività da solista a crearsi un proprio pubblico, risultato per nulla scontato e giusto coronamento del percorso di un artista che non si è mai adagiato sugli allori ma continua a saper cogliere le sfide più interessanti della contemporaneità.
Ad aprire la serata è Andrea Belfi, batterista sperimentale di stanza a Berlino appositamente scelto da Yorke e Godrich per l’apertura dei concerti italiani del Tour estivo. L’esecuzione live di Andrea, fondata sull’ibridazione della batteria acustica e di effetti elettronici, è caratterizzata da un ottimo sound avvolgente, e in poco più di mezz’ora si intravede tutto il talento e l’originalità di un artista di cui sentiremo molto parlare negli anni a venire.
La pausa per il cambio del palco è molto breve perché il trio composto da Yorke, Godrich e Barri è in un assetto minimale nonostante la qualità e il valore della performance che metteranno in scena. L’iniziale “Interfere” è siderale: mentre Godrich arricchisce l’aria di innesti elettronici stranianti e Barri dipinge sullo sfondo una frattura di colori che si espande distorcendosi e abbagliando, Yorke incanta l’atmosfera con un synth raggelante e la solita voce inumana che esegue magistralmente uno dei testi più intensi della sua produzione solista: “We stare into each other’s eyes/ Like jackdaws, like ravens/ The ground may open up and swallow us/ In an instant/ But I don’t have the right/ To interfere”. Quel “To Interfere” finale si propaga nell’aria come un’eco fino a quando non rimane che un silenzio assoluto interrotto solo dall’ovazione del pubblico che torna in sé per pochi istanti.
Il trio esegue uno dopo l’altro i brani del repertorio solista di Yorke (compreso un estratto dalla colonna sonora del film “Suspiria” di Luca Guadagnino, la spettrale “Has Ended”) dando vita a una performance di arte totale che definire concerto sarebbe altamente riduttivo: Godrich e Barri confezionano un ambiente sonoro e visivo immaginifico composto da beat elettronici, giri di basso vertiginosi, spirali esheriane e nebulose di colori che implodono. Il terreno ideale su cui Yorke può innestare i refrain e gli arpeggi di chitarra, i riverberi del synth ma soprattutto i falsetti e i lamenti struggenti della sua voce aliena.
Yorke è in uno stato empatico di grazia, sorride al pubblico e dialoga, va in trance nei brani più abissali, balla come un ossesso al centro del palco inseguendo le esplosioni ritmiche generate da Godrich come nella progressione claustrofobica di “Not The News”, resa ancora più perturbante dalle successioni di rettangoli di luce e colori che appaiono e scompaiono a intermittenza sullo schermo. La resa live dei brani dimostra che in “Anima”, l’ultimo disco uscito di recente per la casa discografica XL, Yorke ha raggiunto l’apice artistico trovando una buona sintesi fra le qualità di musicista e cantautore alt-rock e le sperimentazioni nell’ambito dell’elettronica e dell’ambient-pop con suggestioni dub-step e beatmaking dichiaratamente ispirate a Flyng Lotus.
Nel finale prevale una rarefazione dell’atmosfera, con brani più dilatati e sincopati, fino all’ipnotica chiusura di “Default”, eseguita come un rap, con effetti eco alla voce di Yorke, intermittenze rapide di luce e buio e sovrapposizioni di simboli amorfi che mandano il pubblico in visibilio.
Il trio alieno saluta il pubblico umano e riparte sulla nave spaziale alla ricerca di nuovi sguardi a cui mostrare un futuro di scorporizzazioni, virtualità e caos.
Setlist:
Interference
A Brain in a Bottle
Impossible Knots
Black Swan
Harrowdown Hill
Pink Section
Nose Grows Some
Last I Heard (…He Was Circling the Drain)
The Clock
(Ladies & Gentlemen, Thank You for Coming)
Has Ended
Amok
Not the News
Truth Ray
Traffic
Twist
Encore:
Dawn Chorus
Runwayaway
Atoms for Peace
Default
(Emmanuel Di Tommaso)
Le immagini sono tratte dalla pagina Facebook dell’Umbria Jazz Festival, il video è stato realizzato dalla testata giornalistica Umbria24.