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Foto dalla pagina Instagram dei Vampire Weekend
Undici anni. Undici anni per la storia della musica possono essere un periodo straordinariamente lungo, quasi un’epoca. Undici anni sono trascorsi dall’ultima volta che i Vampire Weekend hanno messo piede su un palco italiano e l’attesa per il loro ritorno era, per forza di cose, insostenibile.
Inutile dire che in questa decade tutto è cambiato: l’indie per qualcuno è morto, per altri, semplicemente, non pervenuto. Hip Hop, Trap, R’n’B sono i generi che spopolano nei festival internazionali, dove gli artisti che orbitano nella galassia di quello che un tempo si chiamava rock, sono relegati spesso al ruolo di attori non protagonisti su palchi secondari. Le chitarre non vanno più di moda, questo è un fatto. I pantaloni skinny neri, il look anni ’80 e il sound wave fanno sentire solo a sprazzi le loro grida rauche (una battaglia portata avanti da qualche band britannica come Idles, Shame e Fountaines D.C, mentre oltreoceano, a parte i Parquet Courts, c’è poco), ma sono solo il colpo di coda di un movimento che forse aveva esaurito la sua spinta propulsiva già qualche anno fa.
In tutto questo i Vampire Weekend hanno sempre rappresentato un mondo a parte. Adorati come divinità negli States, da noi erano visti da molti come il volto colorato e frichettone dell’indie di inizio anni ‘10, apprezzati per le loro caleidoscopiche influenze (dal raga ai ritmi afrocaraibici) ma considerati da alcuni un po’ troppo stucchevoli e, forse, mai realmente capiti.
Eppure, la folla radunatasi al Magnolia, ben più calorosa della media dei live milanesi, testimonia che in molti si sono sentiti abbandonati quando i Vampire Weekend hanno deciso di prendersi una pausa di 6 anni tra il superlativo “Modern Vampires of The Cities” e la loro ultima creatura, “Father of the Bride”. Evidentemente, mai come oggi, si sente davvero il bisogno della leggerezza e dell’allegria che solo la musica dei vampiri sa dare. Così sia, dunque: il pubblico del Magnolia si gode una vera e propria scarica di endorfine, grazie a un memorabile show di due ore e mezza che lascia tutti stravolti e sorridenti.
È difficile individuare la formula perfetta in grado di dar vita a una serata del genere; probabilmente un mix di perizia tecnica, limpidità d’esecuzione, presenza scenica, voce cristallina del frontman (un Ezra Koenig che in molti avrebbero voluto abbracciare, per quanta empatia è stato in grado di provocare) e, ca va sans dire, una mole davvero importante di brani stellari seminati lungo dodici anni di carriera. Una nota di merito non può che andare al chitarrista Brian Robert Jones, che fa volare il pubblico con la sua sei corde, ma è giusto menzionare i nomi di tutti i 7 eroi del Magnolia, dai due Chris (Thomson alla batteria e percussioni e lo scatenato Baio al basso), ai turnisti Garrett Ray, Greta Morgan e Will Canzoneri.
La scaletta, eseguita senza un attimo di respiro, racchiude il meglio della band di New York, e i pezzi del nuovo album sono accolti con lo stesso entusiasmo dei classici. “Bambina”, eseguita due volte di seguito (!) scatena la danza collettiva, la struggente “This Life” è cantata in coro dal pubblico e l’instant classic “Harmony Hall” è piazzata là dove deve stare, tra “Hanna Hunt” e “Diane Young”, due dei pezzi più amati dai fan del gruppo.
In tutto questo un adorabile (lo abbiamo già detto?) Ezra Koening trova il tempo per scherzare con il pubblico e dargli la possibilità di scegliere alcuni brani durante l’encore, coronato dall’apoteosi finale di “Ya Hey”. Nel mezzo è successo di tutto, da una cover inaspettata di “Son Of a Preacher Man” a un battimano del pubblico talmente insistente ed entusiasta da trovare pochi paragoni nella memoria di chi scrive.
Alla fine del concerto resta quel sapore dolceamaro di quando una cosa bellissima finisce. Ma con la confortante consapevolezza che, almeno per i Vampire Weekend, “rocknroll is here to stay”.
1.Sympathy
2. Cape Cod Kwassa Kwassa
3. Unbelievers
4. White Sky
5. Holiday
6. M79
7. Sunflower
8. Run
9. How Long?
10. Bambina (x2)
12. Unbearably White
13. Step
14. Horchata
15. New Dorp. New York (cover di SBTRKT)
16. This Life
17. Hannah Hunt
18. Harmony Hall
19. Diane Young
20. Cousins
21. A-Punk
22. 2021
23. Jerusalem, New York, Berlin
Encore:
24. Obvious Bicycle
25. Son of a Preacher Man (cover di Dusty Springfield)
27. I Think Ur A Contra
28. Oxford Comma
29. Worship You
30. Ya Hey
(Stefano Solaro)