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EELS, Circolo Magnolia, 2 settembre 2019
Dopo la data di Prato che li ha visti suonare prima dei Flaming Lips, la leg europea del “The Deconstruction” tour, porta il gruppo di Mark Oliver Everett al Circolo Magnolia di Segrate.
In apertura ci sono le Chaos Chaos, due sorelle ora residenti in California e attive da qualche anno. In una manciata di brani riescono a spaziare dai Velvet Underground, al synth pop fino al punk risultando convincenti soprattutto nei pezzi più tirati.
Posizionati su un’ulteriore pedana, il palco dei quattro Eels vede assenti le tastiere, cosa che accade ormai da qualche anno dove viene preferito il suono più essenziale ai mille orpelli a cui ci hanno abituato nei lavori da studio.
L’ingresso del gruppo viene annunciato dal famoso motivo di “Rocky” e li vede tutti vestiti in pantaloni salmone e camicia scura, tranne mr E in jeans, cappello e occhiali da sole.
Per questo tour la band è composta, oltre che dal titolare, da The Chet(Jeff Lyster) alla chitarra, Little Joe(Joe Mengis) alla batteria e da Big Al(Allen Hunter) al basso.
L’inizio è con un paio di cover: una dagli Who di cui ripescano “Out in the Street” e l’altra, “Raspberry Beret” di Prince, ormai in setlist da qualche tempo.
Come sempre Mr E mette in piedi uno show nello show e stasera il bersaglio preferito è il chitarrista “The Chet” a cui viene negato l’accesso all’appendice del palco davanti alla pedana: “destinato al lead singer” dice E cosa che a più riprese verrà ricordata al divertito chitarrista: “ti chiami Mick Jagger? No! allora là non puoi andare! Io sì”. Ovviamente ad ogni tentativo di ‘invasione’ appare un poco credibile omino della security, vestito come un amish, per riportare il ribelle al suo posto.
Nonostante queste trovate i quattro non si risparmiano e tra “Bone Dry”, “Flyswatter”(sempre picchiatissima), “Dog Faced Boy”, la tranquilla “I Need Some Sleep”, “Prizefighter” e “Tremendous Dynamite” riescono ad infilare altre gag. Un tizio del pubblico viene riconosciuto dal cantante come il sosia di Charlie Manson e i quattro fanno partire un’improvvisata “Helter Skelter” (“first time ever” dice mr E) promettendo una “The Pig” (sempre dei Beatles) per la prossima volta.
Tra i rifacimenti di “My beloved monster” e l’irriconoscibile “Novocaine for the soul” la band si lancia in una potente “Souljacker” seguita dalla sempre solida “I Like a birds” e una stravoltissima “Mr.E Beautiful Blues” che tolgono il fiato.
Se la prima parte era apparsa scarna di vere idee originali negli arrangiamenti questa seconda, che si conclude con “Fresh blood”, è il colpo finale, è quella che ha reso giustizia alla fama del gruppo regalando delle versioni da ricordare.
Per alcuni versi i fan della prima ora troveranno il gruppo troppo adagiato su una formula che porta in giro da un paio d’anni ma non si può negare che il tutto funziona ancora e la sensazione di essere ad una festa, dove sia chi suona che chi ascolta si diverta veramente, è quello che si vorrebbe sempre da un’esibizione dal vivo.
Aspettando la (eventuale) prossima evoluzione di Mark Oliver.
(Raffaele Concollato)
foto di Alise Blandini