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Se c’è un’immagine che ricorderemo di questa settimana di cambio d’armadio è quella che ha visto protagonisti la Thunberg e Trump. Masha e Orso a parti invertite, opposti interdipendenti, catalizzatori di tante nostre battutine, tipo quelle sui nostri sedici anni e su quel che facevamo. Boh, io per esempio ascoltavo musicaccia tutto il giorno, più o meno in loop, andando “a fittonate” o come si dice dalle vostre parti. A volte una canzone da sola impegnava il mio walkman per una settimana. E in questa settimana, la trentanovesima del 2019, è andata più o meno in quel modo lì. Questo walkman relativamente evoluto che ho in mano ha sopportato un centinaio di play di quella che ho messo giù in fondo.
7. More MorMor.
Il canadese è una presenza abbastanza assidua delle nostre Top 7. Qualcosina vorrà anche dire. Ora aspettiamo un suo album lungo. Intanto questo è il video di “Some Place Else” che dà il titolo al terzo EP.
6. Ariel PUnk.
In arrivo ristampe, compilazioni, perle e rutti dagli archivi di Rosemberg. Questa è “My Molly” da “Underground”, ruvidaccia come il primo Ariel Pink, appunto.
5. Broken Bells, la collabo.
Ogni tanto, James Mercer degli Shins e Danger Mouse si appartano e ne esce costantemente qualcosa di buono. Il marchio è come sempre Broken Bells e la canzone, stavolta è “Good Luck”.
4. Wild Nothing dal vivo.
Si è parlato spesso della resa della band di Jack Tatum live. Per dire in genere che le sue canzoni suonano un po’ meglio nell’intimità degli auricolari. Ecco, con il nuovo album “Live From Brooklyn Steel” quell’esperienza un po’ privata si combina con la componente live. Qui sotto “Live In Dreams”.
3. Orgogliosi di Birthh.
Alice Bisi torna dopo “Born In The Woods”. Nell’eterea “Supermarkets” trovate tutto l’opposto di quel che cercate in un ipermercato. L’album dovrebbe uscire tra non molto, di sicuro su Carosello Records.
2. Beatles come il sole.
“Abbey Road” fa mezzo secolo. E tra le varie celebrazioni c’è la pubblicazione di questo video di “Here Comes The Sun”, collage di foto e filmati bello come il sole che si compone a poco a poco. E poi, come sanno anche i sassi, c’è quella progressione a tre quarti di canzone che addio.
1. Velvet Negroni, dicevamo.
Dell’interessante personaggio si è detto molto, a volte perché il nome è associato a Kanye e a Justin Vernon, altre perché con “Kurt Kobain” ha azzeccato il singolo. Questa invece è “One One”: magia incatenata e scarnificata di arpeggi con dentro un motore a pieni giri, sciolto e imprendibile. L’effetto che faceva a volte Arthur Russell, insomma.
(Marco Bachini)