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La migliore rock and roll jam band del 2019? I Garcia Peoples.
Dopo il convincente album “Cosmic Cash”, pubblicato nel 2018 dalla Beyond Beyond Is Beyond Records, il gruppo ritorna nel 2019 con ben due album (“Natural Facts” – Monica Mazzoli ci aveva annunciato l’uscita del disco – e “One Step Behind”) semplicemente spettacolari. In questa breve paginetta vi spieghiamo allora come e perché otto + otto fa sempre otto.
“NATURAL FACTS”
Fatevi un piacere: prima di cominciare a stilare le classifiche di fine anno, ascoltate i due dischi pubblicati da quella che con ogni probabilità è la migliore rock and roll band del 2019. Molto probabilmente uno spazio a questi ragazzi provenienti dal New Jersey e devoti ai Grateful Dead, lo ritaglierete di sicuro.
I Garcia Peoples li abbiamo imparati a conoscere bene a partire dall’anno scorso, quando hanno pubblicato “Cosmic Cash” e cominciato il sodalizio con la Beyond Beyond Is Beyond. Sono un quartetto costruito sul suono delle chitarre di Danny Arakaki e Tom Malach e completato da Derek Spaldo al basso e Cesar Arakaki all batteria. Più il tastierista Pat Gubler che da questo momento in poi (cioè dalla lavorazione di questo album in poi) è diventato praticamente un membro effettivo della band.
È chiaramente riduttivo, parlando di questo gruppo, ridurre il loro sound alla devozione per i Grateful Dead. Sebbene come già avevamo potuto cogliere dall’ascolto del primo album, i Garcia Peoples abbiano un taglio vintage, questa loro caratteristica li porta a muoversi in campo più ampio e che abbraccia una intera mitologia che può comprendere tanto Neil Young quanto Frank Zappa, se consideriamo l’approccio più rock and roll e l’accuratezza degli arrangiamenti delle chitarre. Come se non bastasse, con “Natural Facts”, pubblicato lo scorso marzo, il gruppo dà una bella rinfrescata al proprio sound e apre a un rinnovamento, che rende tutto più accattivante e con risultati ampiamenti gratificanti per gli ascoltatori. Per la mission il gruppo si affida a Jezz Zeigler, che infatti lavora con roba che va di moda come Kurt Vile, War on Drugs, Mary Lattimore, senza però per fortuna lasciare prendere la mano a qualche forma di compromesso rispetto alla purezza del suono e con il risultato che questo disco non ha praticamente una canzone – una – che si possa considerare meno che bella.
Il suono è vigoroso, ha quella forza del “cavallo” richiamata più volte da Neil Young quando si compiace giustamente dei momenti più grandi della sua epopea (“Feel So Great”, “High Noon Violence”, “Rolling Tides”) il sapore classico della west coast combinato a bridge che non nascondono affatto le capacità tecniche e compositive dei due guitar hero del gruppo (“Canvas”). I Garcia Peoples hanno un talento compositivo fuori dal comune, pezzi come “Weathered Mountains” e “The Spiraling” lo dimostrano, ma quest’ultimo pezzo come tutta la “serie” di pezzi che vanno da “Rolling Tides”, poi “Break Me Down”, “Total Yang”, la ballad “Patient World” e fino all’ultima traccia (“The Spiraling”) mettono assieme trenta-quarant’anni di musica rock americana dai Buffalo Springfield ai Byrds e fino ai Pavement. Otto.
80/100
“ONE STEP BEHIND”
Il fatto è che dopo aver pubblicato un disco di canzoni rock and roll così buono come “Natural Facts”, i Garcia Peoples non si sono fermati e prima della fine dell’anno hanno compiuto quel famoso passo in più e grande balzo per l’umanità (psichedelica) con un secondo album che è semplicemente spaziale. Tanto per restare in tema.
Dopo la pubblicazione di un disco di canzoni rock and roll forte come “Natural Facts”, i Garcia Peoples potevano superare se stessi solo compiendo quel famoso piccolo passo per l’uomo e grande balzo per l’umanità: c’era infatti bisogno di qualche cosa di “spaziale” per compiere cinquant’anni dopo, una impresa epigona di quella di Armstrong, Aldrin e Collins.
Bisogna specificare che dopo la pubblicazione di “Natural Facts”, il gruppo ha cominciato a “raccogliere”. Gente come Chris Forsyth e Ryley Walker ha cominciato a orbitare attorno al gruppo e questo secondo disco dell’anno 2019 è stato di nuovo registrato con un big. Dopo Jeff Zeigler, qui il gruppo si rivolge a Jason Meagher (producer anche di Steve Gunn) e registra il disco presso il suo Black Dirt Studio. In ultimo, ma non per ultimo, il quintetto si completa in un sestetto con l’aggiunta al gruppo di un veterano del sax: Bob Malach, padre di Tom (“capofila” e fondatore del gruppo assieme all’altro chitarrista Danny Arakaki) e collaboratore di gente come Stevie Wonder, Madonna, Miles Davis, Asbury Jukes, Arto Lindsay, Barbra Streisand e Steve Miller…
“One Step Behind” quindi: un disco che esce per la Beyond Beyond Is Beyond (ovviamente…) e che si compone in buona sostanza di due sole tracce. La terza è infatti una riedizione in formato ridotto della title-track, che dura la bellezza di trentadue minuti, una lunga cavalcata cosmica che si apre proprio con un attacco avanguardistico del sassofono introduttivo e un successivo flusso magmatico di intrecci di suoni di chitarre. Già nel disco pubblicato l’anno scorso (“Cosmic Cash”, BBIB) il gruppo aveva regalato lo spazio principale a quella che era stata definita come una “suite” e invero un compendio di cinque pezzi suonati uno dietro l’altro. Ma qui si spingono “oltre” appunto. I Garcia Peoples hanno un suono flessibile: fedeli alla loro definizione di rock and roll jam band, qui dimostrano in tutto e per tutto la loro natura più autentica e selvaggia. Non c’è solo Neil Young quindi, ma anche una componente d’avanguardia, un approccio che è allo stesso tempo “cosmico” e kraut tanto quanto fusion e intellettuale. Il senso che ne deriva è quello di una libertà assoluta di pensiero e di espressione.
L’altro pezzo è stato scritto da Derek Spaldo: si intitola “Heart and Soul” ed è un pezzo per pianoforte e arrangiato in maniera magnificente dal gruppo. Al piano ci troviamo proprio Derek, con il passaggio del tastierista Pat Gubler al flauto e un’altra new entry (anche se suonava già dal vivo con il gruppo), il bassista Andy Cush. Inutile dire che anche in questo caso ci troviamo davanti a una canzone che non solo dimostra un grande talento compositivo (bravo Derek), ma pure spettacolarità e accortezza negli arrangiamenti. Francamente mi sento di dire che siamo davanti a un gruppo incredibile e che se saprà mantenersi “puro” e autentico, potrà scrivere pagine importanti nella storia del rock psichedelico da qui agli anni a venire. Otto più otto fa sempre otto.
80/100
Emiliano D’Aniello