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Massimo Volume, Locomotiv Club, Bologna, 13 dicembre 2019
A quasi un anno dall’uscita dell’album “Il Nuotatore”, i tempi sembrano essere maturi per un’analisi lucida del momento dei Massimo Volume che possa andare oltre il discorso sul ritorno alle origini che semplificando all’estremo la critica musicale ha diffuso negli ultimi mesi; il momento sembra propizio anche perché la band è tornata a far parlare di sé grazie alla ristampa a opera della 42 records del loro primo disco “Stanze”, da tempo non più reperibile e la cui pubblicazione originale risale al 1993, e all’inizio di un tour nei club italiani che è partito il 22 novembre da Padova e si concluderà il 10 aprile 2020 allo Studio Foce di Lugano.
L’occasione del concerto al Locomotiv Club è di quelle imperdibili, non solo perché qui i Massimo Volume sono di casa, ma anche perché la storia e l’evoluzione della band guidata da Emidio Clementi è legata in maniera inscindibile al contesto musicale e socio-antropologico di Bologna. Il pubblico questo lo sa bene ed accorre in massa nonostante la tempesta di neve che si è abbattuta nel pomeriggio sul capoluogo emiliano-romagnolo.
Il concerto inizia puntuale. Il pubblico, appena varcata la soglia d’ingresso del Locomotiv, sta ancora riprendendosi dal gelo esterno, e mentre si lasciano le pesanti giacche al guardaroba o si ordina una prima birra al bancone, le chitarre sferzanti di Egle Sommacal e di Sara Ardizzoni ridanno vita alle sonorità crude e furenti del post-grunge in stile Fugazi che ha caratterizzato gli esordi del gruppo. L’impatto è devastante e sarà difficile riprendersi dall’iniziale “Roland, Tomas e io”.
Il concerto si sviluppa intorno all’alternanza fra i brani de “Il Nuotatore”, quelli del ritorno-capolavoro “Cattive Abitudini” e alcuni estratti dall’esordio di “Stanze”, svelando una profonda continuità concettuale e musicale fra questi tre album: messa da parte la parentesi di incursioni nell’elettronica di “Aspettando i Barbari”, in seguito all’abbandono da parte di Stefano Pilia, il membro del gruppo più avvezzo alle sperimentazioni elettroniche, ne “Il Nuotatore” Clementi e soci hanno ricompattato il proprio sound puntando molto sull’essenzialità post-rock e raggiungendo un equilibrio quasi perfetto fra quiete e stati di agitazione. Non si tratta dunque semplicisticamente di un ritorno alle origini: è soprattutto consapevolezza del percorso realizzato, del poter dire attraverso la musica, come Montale, “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, o come loro stessi scrivono in una delle loro canzoni più riuscite, del rimanere “aggrappati a un’immagine condannata a descriverci”. Clementi alterna recitato e urlato per dipingere paesaggi umani di desolazione e solitudine, spinge le linee di basso all’inseguimento delle derive distorsive delle chitarre e del flusso noise innescato dalla batteria di Vittoria Burattini. Questa formula si dimostra particolarmente adatta alla dimensione live del club, e finisce per rivitalizzare anche alcuni momenti che su disco passano un po’ inosservati, come la parabola low-fi di “Fred” e l’espansione ambient de “L’Ultima Notte del Mondo”. Dopo la chiusura con “Ororo”, la reprise con “Litio”, “Il Primo Dio”, “La Cena”, “Dopo che” e l’immancabile rito liberatorio di “Fuoco Fatuo”, è una sorta di viaggio attraverso tutte le fasi del gruppo che lascia il pubblico tramortito dalle emozioni.
Una menzione a parte merita l’esecuzione dal vivo della canzone “Il Nuotatore”, che genera una vera e propria esperienza immersiva: la progressione tensiva del brano dà forma alla visione del protagonista che attraversa a nuoto una dopo l’altra le piscine dei vicini mentre il tempo improvvisamente cambia, fa freddo e si è perso tutto, le vasche sono vuote e sul pavimento giacciono strati di foglie morte, fino a quando il nuotatore fa ritorno a casa, trovandola abbandonata, con i vetri rotti e la porta sfondata. Un’ulteriore dimostrazione, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che ciò che continua a rendere innovativi e unici i Massimo Volume è il modo in cui la letteratura entra nella loro musica andando a influenzare le sonorità attraverso la ricreazione di una determinata atmosfera e la costruzione della scena. L’immagine del nuotatore tratta dal raccondo di Don Cheever potrebbe essere una metafora della fase attuale dei Massimo Volume: dopo tanto esplorare, sono tornati al luogo di partenza, per conoscerlo per la prima volta.
(Emmanuel Di Tommaso)
Immagine 1: Emiliano Colasanti
Immagine 2: tratta dall’account facebook del Locomotiv Club
Scaletta:
Ronald, Tomas e io
Fausto
Le nostre ore contate
Una voce a Orlando
Amica prudenza
Nostra Signora del caso
Fred
La ditta di acqua minerale
L’ultima notte del mondo
Il nuotatore
Mia madre & la morte del gen. Josè Sanjurjo
Stanze
Un sapore, tutto qui
In nome di Dio
Alessandro
Vedute dallo spazio
Ororo
Encore:
Litio
Il primo dio
La cena
Dopo che
Fuoco fatuo