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La classifica di ogni anno andrebbe fatta minimo cinque anni dopo. Lo diciamo da tempo e un po’ ci ripensavo in occasione della revisione del decennio che tutti (e Paolo Bardelli più di tutti) abbiamo fatto. In definitiva, la classifica che uno ha stilato, facciamo…nel 2016, non dice necessariamente della musica “migliore” del 2016. Dice di più su “dove” lui o lei si trovava (o dove dichiarava di voler stare) nel 2016. E via via, ogni cinque anni la classifica del 2016 verrebbe rimpastata. Sulle singole canzoni il discorso potrebbe essere ancora più “ballerino” oppure, declinata nel formato canzone, la cosa potrebbe farsi più superficiale e insieme, forse, particolarmente autentica per via dell’istintività/facilità nel classificare una canzone. E qui ho voluto far prevalere le canzoni sugli album sebbene, oggi più di prima, i secondi siano da valorizzare nel loro essere compiuti e complessi. È una fotografia più sciatta la mia. Vuole anche esserlo, anche con qualche photobomber, senza posa, pure imbarazzante. Secondo me è bella.
Top 10 album
10. Africa Express – “Egoli”
Non l’ho amato subito ma ci sono tornato sopra quando mi sono reso conto che un disco con tre – quattro canzoni che sono delle bombe è un bel disco senza tanti altri discorsi.
09. Kanye West – “Jesus Is King”
All’opposto del disco qui sopra, questo l’ho amato all’istante. E l’ho amato per l’omogeneità (seppur ridondante e deragliata). Un disco che è assolutamente necessario ascoltare alla “vecchia maniera”, da dove inizia a dove finisce.
08. Beck – “Hyperspace”
Non è il Beck più riflessivo ma nemmeno quello “up”. È il primo col vestito del secondo e per come la vedo io non è una cosa così banale, a questo punto della carriera.
07. Kaytranada – “Bubba”
Il disco decembrino con quel tempismo da indisciplinato. È un’esplosione di ospiti potenzialmente confusiva, invece, dirige l’orchestra Kaytranada e c’è quasi un rigore viennese da concerto di Capodanno.
06. Black Marble – “Bigger Than Life”
Un disco synth wave che riesce a non suonare parodistico. Forse proprio perché rinuncia agli stereotipi e agli automatismi, pur fedele ai suoi principi. C’è più gotico fra i raggi di sole che al buio, volendo.
05. Altin Gün – “Gece”
All’inizio ho resistito ma poi ho dovuto capitolare. E capisci di soccombere quando non vedi più in primo piano l’esotismo (distanziante o attraente che sia) ma vedi soltanto un disco ricchissimo.
04. Velvet Negroni – “Neon Brown”
Questo è probabilmente il disco che avrebbe fatto Jay Paul se invece della cosa del demo “rubato” avesse avuto una normale carriera con un paio di dischi pubblicati e poi, appunto, uno come questo, candidamente mainstream.
03. Tyler, The Creator – “Igor”
Uno di quegli “album – compendio” con dentro tutte le facce della musica black di oggi. Una delle personalità che al netto di alcuni aspetti mezzo parodistici è tra i più rilevanti del pop di questi tempi.
02. Toro y Moi – “Outer Peace”
Una delle primissime uscite dell’anno. Se si ha la pazienza di ripescarlo si scopre un lavoro con un’identità solida. Solo all’apparenza è un disco di polleggio.
01. Thom Yorke – “Anima”
Il disco attraverso il quale la carriera di Thom Yorke solista diventa qualcosa di ancor meglio strutturato. E riuscire a porsi al di qua dei Radiohead quando tu sei i Radiohead non è questa cosa da poco.
Altri album che voglio menzionare in ordine sparso: The Chemical Brothers – “No Geography”, Toro y Moi – “Soul Trash (mixtape)”, Kindness – “Something Like A War”, LCD Soundsystem – “Electric Lady Sessions”, Jorge Elbrecht – “Gloss Coma 002”, Metronomy – “Metronomy Forever”, Caroline Polachek – “Pang”, Holy Ghost! – “Work”, Fontaines D.C. – “Dogrel”, Blanck Mass – “Animated Violence Mild”.
Top 21 canzoni
Erano 20, poi però ho ascoltato quella di Destroyer il 27 dicembre.
21. Thom Yorke – “Runwayaway”
Una stratificazione di registri in un’andatura fatta di stop & go, come nel titolo e anche di più.
20. Pond – “Sixteen Days”
Psych-pop-funk che a loro riesce particolarmente bene. Ho già detto che qui Allbrook sembra Beck?
19. Tamaryn – “Victim Complex”
Dark tune dell’anno, o poco ci manca. Produce Elbrecht, tanto per chiarire la il genere di saliscendi melodico.
18. Toro y Moi – “7-21-17_substitute_hifi_v3”
Siccome fermo non può stare, questo mixtape è il suo secondo disco del 2019. In vetta alla sezione “mixtape”.
17. DIIV – “For The Guilty”
Una delle poche cose con le chitarre che ho ascoltato quest’anno. O era il 1993?
16. Blanck Mass – “Hush Money”
Credo che sia l’album più fracassone e, qualcuno direbbe, dozzinale che ho ascoltato nel 2019. Il fatto che il disco intero mi sia piaciuto davvero tanto è segnale di qualcosa. Non so di che cosa però ecco.
15. TR/ST – “The Stain”
Fin qui faceva prevalentemente musica da autoscontri, invece quest’anno ha allargato lo spettro con un disco in due parti. Questa è gelida come la nevicata dell’85.
14. Kaytranada – “Freefall”
Una delle tante tracce “forti” dell’album. L’equilibrio tra il club, il pop e il velluto. E poi c’è la sua firma in tutte le pieghe.
13. (Sandy) Alex G – “Taking”
Dal suo disco più riuscito nella scrittura. Funziona tutto, con poco, in una manciata di secondi.
12. Black Marble – “Grey Eyeliner”
Se dico che in questa traccia siamo tra Depeche Mode e primi New Order non dico ancora un bel niente.
11. Burial – “Claustro”
Una delle vette della raccolta di Burial appena uscita. Anni 90, UK garage, quei sample vocali che addio a tutti quanti.
10. Destroyer – “It Just Doesn’t Happen”
Dan Bejar, ancora più irsuto, tira fuori un giro che è una magia, poi lo sopisce, ci si lstropiccia sopra, lo fa ripartire e via così. Siccome due singoli li ha già ferocemente azzeccati, ho già uno slot per uno dei miei album del 2020.
09. Altin Gün – “Supurgesi Yoncadan”
Un trionfo disco pop folk che travalica gli spazi e i tempi. Un’avventura epica, non una semplice canzone.
08. Caribou – “You and I”
Torna con questa che un po’ ricalca robe di dieci anni fa, tipo DVAS. Ma ammettendo che sia un po’ già sentita, ecco io ho un bisogno matto di risentire questo tipo di cose.
07. Toro y Moi – “Laws Of The Universe”
100% Toro y Moi e diversa da ogni altra sua roba, all’incirca. Credo stia in questo la statura di questo tizio che dio lo benedica.
06. Africa Express – “Johannesburg”
C’è molto Gruff Rhys però il versante europeo s’integra bene col resto. Che poi qui è anche sbagliato parlare di versanti.
05. Tyler, The Creator – “I Think”
Forse la canzone che più di ogni altre testimonia in che bella direzione sa andare il pop di questi anni quando nel serbatoio c’è roba.
04. Jorge Elbrecht – “Perish”
Come avere Siouxsie And The Sisters Of Mercy. La traccia più diretta e intuitiva del suo nuovo disco ma anche la più straordinariamente ispirata. Poi i controcanti di Geneva Jacuzzi sono la madonna che ti appare.
03. Caroline Polachek – “So Hot You’re Hurting My Feelings”
Gemma pop di quelle che solo lei. E poi, probabilmente, video dell’anno. Perché in questi tempi di video coreografati impone una non coreografia, un anti-balletto di cui purtroppo non ho trovato un tutorial.
02. Velvet Negroni – “One One”
Una struttura melodica imponente presentata nella sua semplicità scarnificata. Abbastanza vicina al concetto di miracolo.
01. Thom Yorke – “Traffic”
La canzone che apre il disco e chiude i giochi. C’è tutto quel che in genere cerco. C’è Thom Yorke che gioca col pop in una contesa che va al rialzo proprio mentre sembra dichiarare il contrario.