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Uno dei buoni propositi per l’anno venturo, ovvero quello presente (perché si fa la lista delle prospettive, no?), è quello di prendersi un po’ di tempo – quando ci sarà, ovvero mai – per ascoltare artisti da Enciclopedia del Rock per varie ragioni mai incontrati. Mai adagiarsi sul passato, però insomma, bisogna trovarlo il modo per approfondire album e canzoni importanti che non si conoscono, o no? Cioè, è meglio andare al cinema a vedere l’ultimo film in sala o recuperare – che so – un “2001 Odissea nello Spazio”? (l’ottimo è non avere buchi, ma non siamo onniscienti).
In questo slancio della presumibile durata di un soffio, ho comunque approfondito una delle band seminali della San Francisco degli anni Sessanta, ovvero The Great Society, attiva dal 1965 al ’66. Pur essendo infatti la prima ad avere suonato “White Rabbit”, tutti conoscono piuttosto la versione dei Jefferson Airplane. La canzone in effetti è scritta da Grace Slick che dapprima l’ha portata nei Great Society e poi, dopo aver fatto il “salto della band” sostituendo Signe Toly Anderson nei Jefferson, l’ha affidata al gruppo di Marty Balin. “White Rabbit” non fu mai incisa in studio dai Great Society, ma venne lasciata ai posteri una versione live suonata al Matrix nel ’66 e riportata in “Conspicuous Only in Its Absence”, un disco live pubblicato dalla Columbia due anni dopo sulla scia del successo dei Jefferson Airplane.
Le due canzoni hanno filosofie opposte: quella di Great Society dura più di 6 minuti di cui la maggior parte strumentali e solo la parte finale con la melodia cantata dalla Slick, mentre i J.A. hanno puntato solo su quest’ultima. Mentre i G.S. parevano più interessati a creare il climax psichedelico (ispirato al crescendo del “Bolero” di Ravel e alla musica indiana, ossessione del chitarrista Darby Slick, fratello del marito di Grace), i J.A. sono stati più concreti e hanno capito la forza inespugnabile di un testo così esemplificativo di un’epoca lisergica e allo stesso tempo universale nella sua ispirazione all’”Alice’s Adventures in Wonderland” Carroll, lasciando tutti i riflettori all’interpretazione così forte della Slick. Mentre l’originale di G.S. è roboante (e più veloce), la famosa “White Rabbit” dei J.A. strizza l’occhiolino all’ascoltatore e lo blandisce nel suo andamento più lento e suadente. Insomma, si sente l’esperienza dei J.A. nel comprendere che la canzone sarebbe stata più fruibile utilizzando pochi elementi ma chiari: il riff di basso iniziale, un minimo di crescendo e la melodia stellare di Grace.
Ciononostante, ascoltate entrambe oggi molte volte con un po’ di calma e orecchio aperto, si può dire credo in maniera piuttosto certa che i Great Society hanno osato di più e che la loro idea di “White Rabbit” fosse più esatta, fornendo più spunti musicali rispetto a quelli solo chiarificati dai J.A. Mentre i G.S. amplificavano lo spettro di coinvolgimento, i J.A. semplificavano.
Su una cosa si può convenire: che le interpretazioni vocali di Grace Slick, tendenzialmente coincidenti, sono impressionanti per convinzione, modulazione e potenza.
“White Rabbit” ha poi avuto una vita lunga e un incalcolabile numero di rifacimenti, ma queste sue prime due vite sono in grado di aprire ancor oggi visioni ampie e suggestive, e discussioni altrettanto feconde.
(Paolo Bardelli)