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Vent’anni fa usciva XTRNTR dei Primal Scream, forse il primo degli album a brillare di nuova luce nella prima decade del nuovo millennio.
I fan, abituati ai continui e radicali cambiamenti di stile della band, che fino a quel momento, partendo dal jangle pop di “Sonic Flower Groove” aveva attraversato l’hard rock nel secondo album omonimo per poi raggiungere la celebrità mescolando house e psichedelia nell’iconico “Screamadelica” del 1991, non potevano immaginare quello che sarebbe successo di lì a poco.
Dopo il mezzo passo falso del rollingstoniano “Give Out But Don’t Give Up”, il fenomenale “Vanishing Point” del 1998, così intriso di oscuri dub notturni, XTRMNTR segna una svolta ancora ulteriore, anche e soprattutto a livello del contenuto testi.
È la fine del secolo; il mondo è sull’orlo di cambiamenti epocali. Nel Settembre del 1999 a Seattle 40.000 persone scendono in piazza durante lo svolgimento della conferenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Il nascente movimento No-Global rappresenterà l’ultimo vagito di protesta e coscienza politica in Occidente. A finire sotto accusa gli eccessi verso cui si stata dirigendo la società iper-capitalista, in cui tutto è basato sul consumo, dove le menti sono plagiate dai media e dove in nome del dio denaro non si guarda in faccia niente.
Questi i temi che troviamo dentro XTRNTR il disco più “politico” della band di Gillispie e soci.
Quello che accomuna tutto il lavoro è l’atmosfera cyberpunk che si respira: abbiamo “le macchine” costruite dall’uomo, rappresentate da elementi elettronici gelidi e freddi, da ritmi frenetici che danno l’impressione di incedere come una sorta di Terminator che “non si fermerà mai”. E poi c’è il punk, l’individuo che in questo universo distopico cerca di ribellarsi in ogni modo.
“You’ve got the money, i’ve got the soul!” Questo mantra apre l’album con “Kill All Hippies” e subito vengono messe le carte in tavola, si dichiara chi sta dalle due parti della barricata, proprio mentre il basso di Mani (ex Stone Roses) dispiega uno dei suoi riff più epocali. È solo un assaggio, perché il secondo brano in scaletta “Accellerator”, grazie anche al contributo del nuovo entrato, sua maestà Kevin Shields dei My Bloody Valentine, trasforma quello che sarebbe un classico brano punk perfetto per il CBCGs in un vortice atomico di rumore che ci sovrasta: questo mondo deve andare avanti, sempre più veloce, deve accelerare, senza guardare in faccia a nessuno. “Streets full of dead meat,Empty heads and cancelled eyes […] Come on, hit the accelerator!”
“Exterminator” prosegue sulle linee di ”Kill All Hippies”, solo che adesso Gillispie è palesemente esplicito nella sua descrizione del nostro mondo sempre più alienato che continua anche su “Swastica Eyes” (presente in due versioni diverse) che sarà la hit dell’album, col suo ritmo disco trascinante. Su “Pills”, troviamo addirittura canti gregoriani e rap mentre l’incedere del basso di Mani e i taglienti synth di Martin Duffy rendono l’atmosfera sempre più minacciosa. “Blood Money” è un piacevole diversivo strumentale, una sorta di mini-soundtrack da poliziesco anni ‘70 con tanto di sezione fiati dal sapore jazz, il tutto aggiornato al nuovo millennio, in cui il batterista Darrin Mooney dà il meglio di sè. A seguire la stupenda “Keep Your Dreams”, finalmente un brano soft, a ricordarci che è solo l’amore, la vera essenza della nostra anima, quella che ci rende degli uomini e non delle macchine ed è l’unica nostra ancora di salvezza. “There’s no release from nothingness when love has gone away […] keep your dreams, don’t sell your soul, be careful”.
Dopo “Insect Royalty” (brano poi finito nella colonna sonora del film “Acid House”, tratto dal libro di Irvine Welsh), viene lasciata carta bianca a Kevin Shields di remixare in maniera ancora più estrema e caotica un brano dell’album precedente, “If They Move, Kill ‘em”, qui ribattezzato MVB Arkestra. Dopo una ripresa di “Swastica Eyes” rielaborata dai Chemichal Brothers, il disco si chiude con un altro brano epico, impreziosito da un’ospite speciale: Bernard Sumner dei New Order. “Shoot Speed / Kill Light” è il finale perfetto, un motorik alla Neu, in cui la voce di Gillispie si è ormai trasformata in quella di un androide.
A tutta velocità e a luci spente ci stiamo dirigendo verso il futuro. Ma verso dove?
(Eulalia Cambria)