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Ho da sempre una teoria, di quelle da due soldi, ovvero che chi è appassionato di musica non possa essere anche uno sportivo. Per sportivo intendo uno veramente attivo, che fa molti allenamenti alla settimana, che non si ferma mai. L’incompatibilità ontologica tra musica e sport l’ho sempre fatta risalire a un’ovvia gestione del tempo (che è limitato) dato che entrambe le passioni sono totalizzanti, ma anche che lo stile di vita del musicante o musicologo è lento e sognatore contro un’attivismo dello sportivo che mal si confà alle sue abitudini cerebrali (la musica arriva nel cervello, no?).
Ecco quindi che tutto questo pippone certamente smentito da moltissimi esempi, anche tra i lettori di questo articoletto, introduce il vero scandalo, al tempo, di questo album: formato da una sola canzone e pubblicato nell’ottobre del 2006 solo su iTunes per la Nike come “musica per footing” perfetta per sgambettare, lo stesso Murphy dichiarò inizialmente che lo aveva composto calibrando i tempi e le pause appositamente nel corso di diversi jogging per creare gli intervalli perfetti per spingere e raffreddare. Una balla colossale, che Murphy ammise più tardi: quella di fare una tale suite era da sempre un suo obiettivo, e aveva trovato la multinazionale disposta a finanziarlo. Con la sua stazza da mangiaciambelle, quella sua iniziale dichiarazione era stata quantomeno sospetta fin da subito.
Superato dunque questo “shock” (perché non è mai bello quando un artista mente sugli obiettivi e sulle modalità ottenute per ottenerli della propria opera d’arte), rimane l’album, o meglio, la canzone in sé, ed è meglio. Sì perché i sei movimenti che fanno parte di “45:33” hanno le sue porche ragioni di essere: tralasciando il riscaldamento della fase 1, troviamo gustosi pianoforti house e melliflue voci black nella part 2, una sana e classica elettronica di stampo quasi teutonico nella part 3 che si lancia su una pista fatta di funky e di variazioni pitch nell’ambito di un più generale tripudio da trip mentale della quarta fase, una contaminazione col jazz nella part 5 e una chiusura in logica ambientale da rilassamento finale.
Una vera e propria esperienza sensoriale, che dura un po’ di più dei 45:33 che si penserebbe di primo acchito essere la durata e invece è solo un omaggio di Murphy e soci ai due formati dei vinili, 45 e 33 giri appunto. Già da lì si doveva capire che lo sport non c’entrava nulla, e che era tutta una questione musicale. Ma voi siete liberi di allenarvi sulle note di “45:33”, se vi garba, eh.
82/100
(Paolo Bardelli)