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In occasione dell’uscita di “How I’m Feeling Now”, ultimo album di Charli XCX (interamente scritto e prodotto nel pieno del lockdown), ripercorriamo la carriera di una delle cantautrici più originali ed eclettiche dell’ultimo decennio in 7 tracce, dagli esordi nel 2012 a “Charli”, album della definitiva consacrazione del suo talento.
1. “Cloud” da “Super Ultra Mixtape” (2012)
Non ricordo precisamente come io abbia conosciuto Charli XCX ma di sicuro è stato in conseguenza di Grimes. Forse è stato per un passaparola tra noi hardcore-fans di quest’ultima, o forse per la contemporanea presenza di Brooke Candy tanto nel video di “Genesis” quanto in questo pezzo che ho scelto. Di sicuro l’anno era il 2012 e queste artiste erano le massime rappresentanze di una nuova scuola che legava ricerca estetica, produzione lo-fi e ambizioni pop. Oggi invece, mentre Grimes fa parlare di sé più per i gossip con Elon Musk e relativa prole che per la musica, e mentre Brooke Candy porta avanti il suo messaggio gender-free su piani ancora underground, Charli è sicuramente quella che ha ottenuto i risultati migliori. Nonostante le riconosca tutti i suoi meriti successivi e un’evoluzione eccellente, la mia preferenza va a questi suoi primi passi e nella fattispecie a questo singolo dal suo secondo mixtape, un momento che la vedeva ancora acerba ma in cui già metteva in luce la sua fortissima personalità e la sua altissima attenzione verso tutto ciò che si muove nel presente. Che poi è la grande ricetta del pop che conta, fin dai tempi di Madonna. (Simone Madrau)
2. “Fancy” da Iggy Azalea, “The New Classic” (2014)
“First things first, I’m the realest”. Ineluttabile hit del 2014, “Fancy” annunciava l’arrivo della primavera di quell’anno con un beat martellante che si finiva per riascoltare e ballare in loop alle feste sentendosi contemporaneamente sopraffatti e affascinati. Iggy Azalea e Charli, a metà tra il serio e l’ironico, animano una sorta di parodia di Clueless (“Le ragazze di Beverly Hills” nella solita mortificante traduzione italiana), in un inno di autoaffermazione che descrive meglio di tanti libri la corrente del femminismo pop virale degli anni ’10 ma arricchendola di un flow, per l’appunto, tremendamente fancy. (Claudia Calabresi)
3. “Vroom Vroom”, da “Vroom Vroom EP” (2016)
Mi ha sempre infastidito la concezione che frivolo e sciatto possano essere considerati sinonimi, soprattutto in ambito artistico e musicale. “Vroom Vroom”, il sodalizio turbo-pop tra Charli e SOPHIE, è un pezzo frivolo? Probabilmente sì, ma è anche un pezzo con una confezione curata ed audace. Lo si può definire un trip in alta definizione, in cui si sfreccia attraverso travi di metallo che si schiantano tra loro, in un mondo plasticoso e gommoso. Dentro ci si trovano riferimenti a diverse facce della club culture, che esaltano il caos e l’incoerenza di quest’ultima. Caratteristiche e contraddizioni che si ritrovano, soprattutto col senno di poi, in Charli e che la produzione di Sophie riesce perfettamente a catalizzare. Il risultato è un inno hyper-edonistico che fonde la visione della PC Music con la trasversalità del pop post-Madonna. Beep beep, so let’s ride. (Carmine D’Amico)
4. “Paradise”, da “Vroom Vroom EP” (2016)
Mentre “Vroom Vroom” (il brano) è il manifesto della ‘nuova’ Charli XCX, “Paradise” rappresenta la sublimazione del suo percorso di decostruzione della canzone pop. In totale stile SOPHIE, il pezzo destruttura la classica ballad pop, accentuando all’estremo le accezioni poptimism ed edoniste, continuando a giocare con le influenze PC Music di cui SOPHIE è stata frequentatrice e collaboratrice esterna. Sempre in ambito PC Music, emblematica la presenza in questo pezzo di Hannah Diamond, diva del pop accelerazionista e post internet del collettivo inglese. Se forse è la canzone meno azzeccata tra le quattro dell’EP, è comunque un capitolo interessante nella storia di una delle migliori autrici pop degli ultimi anni. (Matteo Mannocci)
5. “Boys”, singolo (2017)
I pezzi selezionati in questa Top 7, dai primi vagiti nel 2012 ai dischi più ambiziosi degli ultimi due anni, illustrano bene la carriera in costante ascesa di Charlie XCX, ma per comprendere l’immaginario che la cantautrice britannica è riuscita a concretizzare intorno a sé basterebbe anche solo un video. Quello di “Boys”, un singolo del 2017, dove compaiono tutti i ragazzacci che popolano i sogni proibiti di Charli. Vediamo in sequenza star del pop mainstream (Joe Jonas, Charlie Puth, Brendon Urie), i producer più quotati dell’ultimo decennio (Mark Ronson, Diplo, Flume, Kaytranada), rapper alternativi (Denzel Curry, Stormzy, Joey Bada$$) e autorità freak del mondo indipendente come Tommy Cash, Ezra Koenig dei Vampire Weekend ed un Mac Demarco seminudo che batte tutti in quanto a sex appeal. Un’efficace rappresentazione audiovisiva delle ispirazioni che stanno dietro al sound ibrido e trasversale, semplice ma intelligente, messo a punto da Charlie XCX nelle sue canzoni. (Stefano D. Ottavio)
6. “Track 10”, da “Pop 2” (2017)
Se domani degli alieni scendessero su questo pianeta, ci sarebbero poche altre canzoni per spiegare in cinque minuti cos’è il pop degli Anni Zero, come la traccia che chiude il mixtape “Pop 2” di Charli XCX. Dietro la produzione c’è l’alchimista per eccellenza del sound PC Music, A.G. Cook, insieme a due nomi di culto del movimento (Lil Data e Life Sim) la sapienza contemporanea di due re mida del pop da classifica, Tor Erik Hermansen e Mikkel Storleer Eriksen, ai più noti come Stargate, ed il pathos di una canzone che sembra esplodere da un momento all’altro e si eleva in cielo in un tripudio epico e ipnotico di autotune. Non serve più la cassa dritta per ballare. Non è indispensabile. Forse però non abbiamo capito un cazzo, ci perdiamo in spiegazioni e descrizioni e in realtà quegli alieni sono loro. (Piero Merola)
7. “Shake It”, da “Charli” (2019)
«What inspired u to create Shake It?» / «The artists who are featured on it. They shine on that song. It’s their moment»: questo breve scambio di tweet con un fan, pubblicato poco più di dieci giorni dall’uscita del suo ultimo album “Charli”, racconta molte cose del brano in questione – e in generale della musica di Charli XCX. Per l’artista britannica scrivere canzoni pop, cantarle e produrle è prima di tutto un’operazione collettiva, frutto di numerose sensibilità, gusti, estetiche. Pur avendo ampiamente dimostrato di avere le idee chiarissime su che direzioni dovesse assumere il suo sound nel corso nel tempo, nei brani di Charli XCX l’aspetto autoriale è importante tanto quanto la condivisione dello spazio con artisti in grado di arricchirne il significato. “Shake It” è un esempio calzante: quattro artiste presenti, rapper e drag queen, e le mani sapienti di A.G. Cook danno vita ad un brano dalla sonorità liquida, instabile, post-moderna, un agglomerato fluido di beat cacofonici e flow impazziti che si evolve in maniera febbricitante e sensuale a seconda dell’interprete di turno. Il risultato è a dir poco irresistibile: non è solo pop, non è solo pc music, non è solo hip hop. È molto di più. Basta vedere cosa succede quando il brano viene eseguito live, in cui i feat. vengono sostituiti da una specie di Ru Paul Drag Race in salsa Charli XCX: esplode una festa in cui si celebra l’orgoglio identitario, il talento, l’arte di saper muovere il culo. (Enrico Stradi)