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The Devonns da Chicago sono l’ultima scommessa della label milanese Record Kicks (Calibro 35, Tanika Charles). L’omonimo album d’esordio inizialmente previsto in Aprile esce il 5 Giugno e suona come un magnifico tributo alla scena soul della propria città. Formati nel 2016 dal polistrumentista e songwriter Mathew Ajjarapu il gruppo comprende Khalyle Hagood al basso, Ari Lindo alla chitarra e il batterista Khori Wilson. Nelle parole del leader, “Il nostro album vuole omaggiare la musica di etichette come la Curtum di Curtis Mayfield, così abbiamo cercato di ricreare quella magia e quegli arrangiamenti”. Operazione riuscita con stile e personalità.
I dieci brani sviluppano un’idea di black music morbida e orchestrale e si avvalgono del contributo in fase di realizzazione del produttore Paul Von Mertens, il cui curriculum vanta Brian Wilson e Paul Mc Cartney, e di Ken Stringfellow (Posies, R.E.M., Big Star) a chitarra e tastiere. A testimoniare la bontà del progetto, in cui troviamo nei crediti di co-writer Leroy Hudson degli Impressions per la morbida “So In Love With You”, impreziosita dal Fender Rhodes, e una nuova versione di “Green Light” di Jamie Lidell, originariamente nel disco del 2008 “Jim”. L’abbrivio di “Come Back” è dei più eleganti, una ballad orchestrale che piacerebbe a Elvis Costello, mentre la vibrante “Tell Me” ha nel cuore Ray Charles e Otis Redding: sono le due facce di una giovane e talentuosa band che vuole riscrivere la musica dell’anima in un presente di incertezza.
La parte centrale del lavoro si dimostra di grande interesse, con lo spaccato sociale di “Blood Red Blues (Protest Song)” nella vena del Marvin Gaye di “What’s Going On” – verso non a caso ripetuto nel chorus – e la funky-jam “More” dove la formazione dell’Illinois si concede a ritmi disco più tipici del Philly sound; “Think I’m Falling In Love” sfiora i cinque minuti ma tutti ben spesi, grazie a una melodia formidabile e a un solo di flauto di infinita dolcezza. Nella chiusura di “Long Goodbye” la sezione ritmica di The Devonns introduce anche elementi di jazz e bossanova. Un plauso anche al cantato di Mathew Ajjarapu: per tutta la durata dell’album, passionale, intenso e mai stucchevole.
Un grosso in bocca al lupo ai nuovi messaggeri del soul. Musica di cui abbiamo sempre bisogno.
77/100
(Matteo Maioli)