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Di questi giorni sono le uscite di due album che certo non faranno la storia ma ne faranno sicuramente parte. Due lavori usciti per motivi diversi, uno come una tessera di un puttzle perduta molti anni fa, lasciata da parte per far posto ad altre urgenze, l’altra per continuare un percorso che si trascina da anni, tra guizzi e cadute.
I due dischi in questione sono “Rough and Rowdy Ways” di Bob Dylan e “Homegrown” di Neil Young usciti il 19 giugno che risultano il trentanovesimo e il quarantesimo lavoro.
Il disco di Dylan che rispecchia le sonorità che ormai da anni si trascina dietro, ossia un rock-blues votato al crooner che ormai trovava solo alcuni guizzi nelle esibizioni dal vivo è pregno di un senso di esistenza, disperazione e amari discernimenti sulla vita da essere il miglior modello di songwriting dai sui anni ’10. Canzoni che nonostante l’età (siamo a 79 anni) rispecchiano uno spirito pieno di vita ed empatia per il mondo. La monumentale “Murder Most Foul” di 16 minuti è l’esempio, il ‘Bignami’ per chiunque possa pensare di voler scrivere qualcosa in musica, c’è tutto: passato, presente, visioni: una sorta di “A Hard Rain’s A-Gonna Fall” 57 anni dopo.
Dall’altro lato, ma non molto distante, la nuova uscita del canadese di Winnipeg che rende ufficiale un album fantasma. Fu inciso tra il 74 e il 75 e doveva essere la congiunzione tra “On the Beach” e “Zuma” ma poi fu sostituito in fretta dall’intant album “Tonight’s the night” dedicato a Danny Whitten, un suo musicista morto di overdose. “Homeground” rimase lì, con qualche brano uscito sui bootleg, qualche versione arrazzonata ma mai in modo ufficiale.
Il periodo di Young era quello del successo planetario, andava in mille direzioni ed era pronto per quelle sbandate che lo portarono poi al quasi oblio degli anni 80, ma nel 74/75 era una star e si sente. Musica aperta, che gira intorno alla relazione di quegli anni con l’attrice Carrie Snodgress, tra session diverse e complicate perchè intervallate con il million tour con Crosby,Stills & Nash e i problemi che lo affliggono da sempre nonostante la presenza di Levon Helm, Robbie Robertson (the Band) e Emmylou Harris, alla fine ne esce uno spaccato abbastanza discontinuo e poco a fuoco con brani che poi saranno ripresi in altri contesti, ha l’aria di essere un lavoro non ben definito, senza un vero scopo, cosa che il terribilmente splendido, mal registrato, cupissimo sostituto last minute è stato, entrando nel set dei migliori lavori anti commerciali di sempre. “Homegrown” è da dire che era stato concepito per uscire al record store day poi rimandato e rimane comunque una tessera perduta che cerca di completare la storia di un musicista che l’ha fatta nonostante la qualità non sia al livello che ci si aspettava.