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Protagonisti non a caso della prima delle “Levitation Session” (performance pubblicata anche su cassetta e in digitale dalla The Reveberation Appreciation Society) gli Osees di John Dwyer (completano il roster Tim Hellman, Dan Rincon, Paul Quattrone, Tomas Dolas) non solo cambiano – evidentemente – nome (da Thee Oh Sees e poi solo Oh Sees) ma se ne escono anche con un ennesimo album in studio che ne dimostra quella irruenza creativa e sonora che ha segnato e continua a segnare la scena rock psichedelica più schizofrenica e fuori di testa.
John Dwyer procede inesorabile per la sua strada e la cosa molto positiva e che continua a farlo, ogni pubblicazione, con grande decisione e incisività. “Protean Threat”, uscito al solito per la Castle Face, non fa eccezione. Registrato con la collaborazione di Eric Bauer, Enrique Tena Paddila, Mario Ramirez lo scorso aprile, il disco è allo stesso tempo un lavoro di un gruppo che è oramai rodato e consapevole dei propri mezzi, così come il prodotto di un genio che ci appare sempra esprimersi con una istintività (“Dreary Nonsense”, “Red Study”…) e persino un certo furore “Terminal Jape”.
Ma il campionario del gruppo è vasto. Senza dubbio è il repertorio più ossessivo con materiale come “Dreary Nonsense”, “Mizmuth”, “Toadstool”, “Canopnr ’74” (caratterizzato da una linea di basso rock and roll, ma la sezione ritmica è un valore aggiunto importante in questo album), talvolta free-form come nel caso di “If I Had My Way” e “Persuaders Up!”, quello che meglio rende il potenziale espressivo di John Dwyer e soci e ne esaltano la verve artistica. Curioso qualche altro episodio come l’epica di “Wing Run” che fa pensare a un immaginario videoludico anni ottanta tipo “Golden Axe”, un tipo di riferimento che appare nelle corde del gruppo (vedi pure lo stile delle “grafiche” adottate) oppure “Said The Shovel”, costruita su un groove di basso quasi dub.
In definitiva siamo davanti a un altro disco convincente, scorrevole, orecchiabile, oggettivamente bello. Il fatto che non ci sorprenda non significa che sia poco interessante e va detto che pochi riescono oggi a essere bravi e allo stesso tempo pure imprevedibili sul piano dell’impatto, proponendosi con una costanza e una frequenza che si allineano perfettamente alla natura eccentrica del sound. Unici.
75/100
(Emiliano D’Aniello)