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I Nothing celebrano i dieci anni di attività con la pubblicazione per la Relapse Records (label tra gli altri di Mastodon e The Dillinger Escape Plan) del loro quarto album “The Great Dismal”.
Un lavoro che racchiude pregi e difetti della formazione di Philadelphia: da una parte c’è l’abilità di trasporre in chiave rock questo momento storico, grazie a liriche depresse quali “In killing fields/Children play/Castaways/Dig their own graves” da “Blue Mecca”; dall’altra si corre il pericolo di restare sempre uguali a sè stessi, vincolati ai nineties di grunge e shoegaze, con il solo Dominic Palermo a occuparsi della fase compositiva dopo l’uscita di Brandon Setta.
Il disco, registrato in pieno lockdown di marzo-aprile, fotografa temi come isolamento, estinzione naturale e crudeltà umana; musicalmente abbraccia le ruvidezze di “Guilty of Everything” del 2014 nel singolo “Famine Asylum”, in odore di Smashing Pumpkins periodo “Gish”/”Siamese Dream”, senza però disdegnare le melodie pop in “Catch A Fade” o l’emo-core di “In Blueberry Melodies”. “Say Less” propone lo stesso incontro tra riverberi e beat dance dei Curve di “Horror Head”, mentre in “Ask The Rust” ci immaginiamo i Deftones alle prese con un brano dei Ride. Detto questo, non si può negare che il gruppo sia notevolmente cresciuto nella produzione e esecuzione del materiale.
L’essenza di “The Great Dismal” si trova nella maestosa opener, una lenta ballad dove la poetica di Dominic, la sua vita complicata e drammatica emerge in tutta la sua forza: “But what else can I ask for?/I’m nauseous from the ride/Degeneration in the wind/A fabricated life“; ospita Mary Lattimore all’arpa, ma il disco vede anche i contributi della violinista Shelley Weiss e di Alex G. per la granitica “April Ha Ha”. Pensata, come tutto l’album, per spaccare dal vivo (quando sarà possibile).
69/100
(Matteo Maioli)