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Tutti o quasi collegano “You Can Leave Your Hat On” a Joe Cocker, allo striptease di Kim Basinger nel film “9 settimane e ½” (1986) e/o magari, se sono usciti vivi dagli anni ottanta, hanno in mente anche la versione di Tom Jones che fa da colonna sonora a un altro spogliarello cinematografico, quello del gran finale di “Full Monty“ (1997). Nell’immaginario collettivo “You Can Leave Your Hat On” è quindi, senz’alcun dubbio, una canzone sexy come poche altre. Niente di più lontano, però, dalla versione originale del brano, poco conosciuta dal grande pubblico: quando il Randy Newman ventiseienne scrive il pezzo, poi pubblicato nell’album “Sail Away” (1972), non immagina di certo che sarebbe diventato negli anni a venire qualcosa di sexy, si è semplicemente divertito come, al suo solito, a mettere in scena sotto forma di canzone una storia raccontata da una narratore dalla personalità ambigua (come succederà in “Short People”, “Half a Man”). L’obiettivo è quello di giocare, in chiave ironica e tagliente, con luoghi comuni, ignoranza, bigottismo della società americana: nel caso di “You Can Leave Your Hat On” il narratore è probabilmente un uomo a tratti fragile, disperato (“You give me a reason to live” – ossia “mi dai una ragione per vivere”), vittima (forse) dei giudizi altrui (“Suspicious minds are talking/Trying to tear us apart/They say that my love is wrong”) ma che allo stesso tempo cerca di fare lo spavaldo, il prepotente, di alzare la voce per nascondere la sua insicurezza (“They don’t know what love is/I know what love is” che tradotto in italiano suona come “Non sanno cos’è l’amore, so io cos’è l’amore”):
“Ho sempre pensato a lui [al protagonista] come a un tipo abbastanza debole. [..] Pensavo che la ragazza potesse spezzarlo in due”
(racconta Newman in un’intervista a NPR nel maggio 2013).
E ancora:
“Ho […] trovato che in “You Can Leave Your Hat On” quel tipo era più impotente di come lo fanno Tom Jones o Joe Cocker”
(Newman al Sydney Morning Herald nel dicembre 2019).
“Se la fai in un registro più alto, cambi l’intera canzone. La fa nella tonalità di MI, Joe Cocker e Tom Jones nella tonalità di DO. L’avrei potuta cantare così, ci posso arrivare. Ma non ho l’istinto. [..] Non è una canzone sexy”
(dichiarazione di Newman estratta da “Maybe I’m Doing It Wrong: The Life & Music of Randy” (2016) di David Stafford, Caroline Stafford).
A seconda delle interpretazioni, quindi, una canzone può cambiare faccia. “You Can Leave Your Hat On” non è né romantica, né sexy nella versione originale di Randy Newman. Ascoltare per credere.
(Monica Mazzoli)