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Canzoni tristi per essere felici, canzoni allegre per sprofondare in una miracolosa nostalgia.
Pare semplice a parole, ma con le note chi ci riesce realmente?
Ho una piccola lista, ma sarebbe forviante nell’approcciarsi a “It’ll End in Smile”, nuova doppia autoprodotta fatica della band di Teramo A MINOR PLACE.
Partiamo dalla fine; in questo doppio disco sono presenti delle COVER. Vic Chesnutt, Tom Waits, Marine Girls. E altre due che non vi svelo. “Splendid” di Chesnutt, “In the Neighborhood” di Waits, “Second Sight” delle Marine Girls. Quanta felicità si può immagazzinare in solo tre canzoni? Io con Chesnutt piango ancora, ma le lacrime hanno la scritta felicità incastonata tra l’acqua e il sale.
E la nostalgia? Direte voi, abbiamo più diritto ad essere nostalgici ora, ripensando alla nostra normalità deturpata. Ma qui la nostalgia è sovraccarica d’amore; le canzoni non vivono il presente ma nemmeno rimpiangono il passato. Sono semplicemente sospese, sono uno scatto immortalato in un preciso momento storico, che ognuno di noi ha avuto la fortuna di vivere almeno una volta nella vita.
Ecco che parte “Love” e ci si ricorda del perché si ha sempre bisogno del POP; perché serve la colonna sonora che ci renderà un domani nostalgici di essere stati felici. E il segreto è quello; ascoltare canzoni che ti diano la sensazione di essere incastrati in una bolla atemporale, capaci di strapparti un sorriso anche quando la situazione magari non lo richiede. L’abilità di A Minor Place è proprio questa; distillare pura gioia in tre minuti tre, ritagliare l’essenza e appiccicarla su poster che ti ricordano che la tua felicità può durare pochissimo, ma se te la porti dietro può sostituire qualsiasi medicina. Scorrono come titoli di coda canzoni che a ri-ascoltarle quasi ti commuovi, come se fossi davvero tu il protagonista raccontato in canzoni solari “Sunglasses”, romantiche “Christmas in Summer (Greetings from Aldo e Derna)” (una delle mie preferite, con coretti simil doo-woop e chitarra elettrica a scardinare certezze sul finale); oppure solamente perfette perché si tingono di archi e colori, come se fosse la cosa più semplice del mondo “Total Football”. Invece di semplice c’è solo la capacità di essere un gruppo che ci crede davvero. Di questi tempi credere in qualcosa è già fantasia. Credere che un sorriso possa cambiare il mondo qualcosa di magico.
Ah, ve lo dico; le altre due cover sono “For a Spanish Guitar” di Gene Clark e “Capricci” dei Ban-Off (band garage-punk di Teramo).
Avete già un sorriso stampato in faccia, non è vero?
75/100
(Nicola Guerra)