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“Most cities have one sound, but there are many Memphis sounds. I tried to make a record that honors that.” Sono le parole dell’autore di questo gioiello targato Wild Honey Records, John Paul Keith, riportate nelle note di copertina di Bob Mehr, biografo dei Replacements, all’interno di una storia che cita uno per uno i protagonisti della meravigliosa scena di Memphis, dal padre del rockabilly Johnny Burnette a Howard Grimes (batterista di Al Green), passando per Don Bryan, vocalist dei Bo-Keys e Archie “Hubbie” Turner, al clavinet nell’eterna “The Letter” dei Box Tops e nella stessa “The Rhythm Of The City”: il rombo di un aereo al decollo.
Al quinto album solista in una carriera ricca di progetti, collaborazioni con altri artisti e live streaming a scopo benefico, John Paul Keith ha deciso di autoprodursi e lavorare con Scott Bomar (Cindy Lauper, Jay Reatard) a dieci canzoni da cui è impossibile staccare le orecchie: entrano sottopelle le armonie corali di “How Can You Walk Away”, scuote le viscere la Telecaster nell’hard-blues “If I Had Money” e riempie l’animo di funk la poetica “Keep On Keep On” – “Honey if I have to I can stop a moving train/ Baby if you need me to I can make it rain“. “The Rhythm of The City” si muove continuamente tra omaggio e nostalgia, ma in John Paul Keith scorre il medesimo sangue di Elvis Presley, Al Green, l’Alex Chilton di “Feudalist Tarts”. La sua musica è impregnata di cuore, stile, autenticità. Si prenda “The Sun’s Gonna Shine Again”, meravigliosa nelle soluzioni adottate, dall’utilizzo del sitar elettrico alle ritmiche cadenzate, per superare gli ostacoli che riguardano tutti (“Seems like it’s been pouring down/Since I don’t know when“). O il rock’n’roll incendiario di “Love Love Love”, che fa venire una gran voglia di un concerto e di ballare sgraziati con la fidanzata.
Traspare di purezza richiamando Buddy Holly “I Don’t Wanna Know”, mentre “How Do I Say No” è un distillato di RnB che accarezza dolcemente; sembrano tuttavia quasi piccole a confronto di “Ain’t Done Loving You Yet”, brano che resta per una vita intera tra chitarre jangle, voce beatlesiana e un chorus-bridge di rara efficacia. “The Rhythm Of The City” non è un semplice tributo alla storia di una fetta di America, è parte di ciò che ci lega insieme ovunque, tra passato, presente e futuro.
85/100
(Matteo Maioli)
foto in home: John Paul Keith salutes Sun Records during the Memphis Grizzlies’ halftime at the FedExForum, January 10, 2020. Photo by Jeff Woods.