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Deve essere frustrante dimostrare al mondo che sei un songwriter di razza quando per anni ti hanno detto che ne hai le capacità ma non lo hai ancora (pienamente) dimostrato. Ti porti dietro il giudizio che qualcuno ha stabilito a prescindere, senza valutare mossa per mossa il tuo percorso artistico. Così i Fresh & Only sono, per molti, uno dei tanti gruppi che popolano la Bay Area di S. Francisco, atti a riesumare quella tanto idealizzata Summer Of Love, mentre la Magik Trick Band solamente un progetto estemporaneo di Tim, voce e chitarra dei succitati Fresh & Only, che prende pausa dalle sbornie garage-pop per cercare rifugio nella quiete del folk.
Mai stato d’accordo su tutto ciò, anzi, ho sempre ritenuto che le creature musicali del buon Cohen contenessero qualcosa di puro, di bello, di vero. Ho sempre pensato che migliorarsi è possibile, ma è fattibile pensare di migliorare la spontaneità? Non è essa stessa punto di arrivo, unico e indissolubile, soprattutto nella musica? Quello che ho sempre sognato e ipotizzato è che Cohen il suo capolavoro prima o poi lo avrebbe scritto, lontano magari dalla pressione di chi ti dice che lì fuori c’è qualcuno migliore di te. Niente di più vero, probabilmente, ma niente di più inutile, quando un musicista si mostra al mondo in maniera trasparente, con le sue debolezze ma soprattutto con le sue forze.
Così, dopo tanto zizzagare tra progetti solisti, caparbietà di non omologarsi (“Long Slow Dance” del 2012 mischiava garage e pop anni 80 in maniera deliziosa), capacità di scrivere canzoni garage-pop memorabili (“Shattered Moon” e “I’m Gonna be your Elevator” dai primi dischi dei Fresh & Onlys), affascinanti ibridi fuzz-pop (“Animal of Love”) finanche struggenti e oniriche ballate folk (“Torture” da “Ruler Of the Night” dei Magik Trick) arriva finalmente l’attestato che certifica la grandezza di questo musicista.
Non è un caso che “You Are Still Here” venga rilasciato da una piccola e indipendente etichetta di Madrid, la Bobo Integral Record, che avrà fatto sentire sicuramente a suo agio il Nostro, che ricambia con il suo piccolo capolavoro. Apparentemente rilassato, ricco di melodie POP ariose e solari “Give Me Yours” e “Somebody Bout” ma anche di pezzi più psych screziati folk “Dadaist Friend” e “Homless”, il sesto lavoro del barbuto Tim non è l’obiettivo della vita raggiunto ma una tappa importante che attesta l’indubbia qualità di scrittura e di visione artistica.
Si può sempre fare di meglio, certo. Ma meglio di essere sé stessi è praticamente impossibile.
80/100
(Nicola Guerra)
foto in home per cortesia dell’artista