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Ormai che abbiamo sdoganato il liscio su Kalporz (per via del #my2cents su Raoul Casadei) si può continuare su quella via. E il #tbt di oggi è sì dedicato al liscio, ma con una componente in più: le sigle dei cartoni animati degli anni Ottanta. Un altro sdoganamento? No, perché la sigla della seconda serie di “Lupin III” di Castellina Pasi era in realtà già apparsa su queste pagine di Kalporz: era il 2007 e l’occasione era sempre per un necrologio, ovvero quello di Roberto Del Giudice, doppiatore di Lupin. E poi oh, che volete farci, i #tbt sono più liberi, e lo dicevamo proprio oggi raccontando della nuova rubrica “Richiami” che vi suggerisco volentieri.
Dunque: la sigla del cuore di quel cartone rimarrà sempre “Planet O” dei Daisy Daze and the Bumble Bees (con un testo tra l’altro ispirato a un romanzo sadomaso, “Histoire d’O” del 1954, scritto da Dominique Aury sotto lo pseudonimo di Pauline Réage, insomma come dire una roba adatta ai dei bambini), ma “Lupin” dell’Orchestra Castellina Pasi era familiare come il liscio della festa dell’unità. Almeno per noi emiliani (non so in effetti che effetto facesse ai bimbi non emiliano-romagnoli…).
Irene Vioni, la cantante dell’Orchestra, è mancata ieri a 78 anni (reggiana, di Fabbrico) e l’aveva imparata a cantare un giorno per l’altro, aveva raccontato. “Domani dobbiamo incidere una canzone di Micalizzi e Migliacci, si chiama Lupin”, le aveva detto Castellina e lei subito pronta.
Riascoltandola non si direbbe proprio che l’avesse imparata in una mattina: l’interpretazione è superlativa, come se fosse stata soppesata nelle intensità con un lavoro di fino durato nel tempo. Una professionista come lei non aveva avuto difficoltà a farlo, ma era stato solo un divertissement in una carriera impegnativa fatta di altro, di album, di interminabili date a far ballare la gente, di spostamenti in furgone e chissà di cos’altro.
Secondo me la sua storia è paradigmatica: noi inseguiamo i nostri grandi sogni e facciamo un sacco di cose per noi importanti, poi magari verremo ricordati per una cosa che abbiamo fatto una volta, così, quasi per caso.
(Paolo Bardelli)