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Un ritorno con stile, a distanza di quattro anni dall’ultimo album, Masseduction, che convinse gran parte della critica e dei fan e che segnò una discontinuità con la maggior parte dei lavori precedenti. Il percorso di Annie Clark, aka St. Vincent, però, è chiaro e pregevole, al netto dei giudizi su questa nuova opera, che va ancora analizzata più approfonditamente.
Daddy’s Home è il sesto album della cantautrice e si muove nel solco delle innovazioni – alcune totalizzanti, altre più sottili – che quasi tutti i suoi album precedenti hanno portato, in particolare i lavori arrivati tra 2009 e 2014. A dieci anni di distanza da Strange Mercy, che ha dato il via al periodo più intenso e infuocato della sua carriera, St. Vincent vira verso un revival raffinato ed elettrico di sonorità e panorami – musicali e visivi – provenienti dai ‘70s, come suggeriscono anche l’artwork del disco, con la foto della cantautrice che troneggia sulla copertina, e la maggior parte dei pezzi, tra i quali il singolo che ha anticipato il lavoro, “Pay Your Way in Pain”.
Con chiare influenze provenienti dal David Bowie mid-’70s, che già percorrevano nelle forme più svariate anche i suoi lavori precedenti, e accarezzato dalla mano esperta e versatile di Jack Antonoff, produttore di Lana Del Rey, Lorde e Taylor Swift (di chiunque, ormai!), Daddy’s Home mostra un’altra faccia delle doti autoriali di Clark e sembra aver già convinto buona parte della critica. Di sicuro non possiamo che consigliarvi di ascoltarlo.