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Franco126, Multisala Premiere (Ortona – Ch), 21 luglio 2021
È sempre difficile approcciarsi al pop quando hai la spocchia di quello che ha scoperto cose che i comuni mortali non si sarebbero nemmeno sognati.
E proprio per questa spocchia si guarda sempre con occhio critico quando nel tuo paesello di 20mila anime viene qualcuno che si definisce “indie”.
In questo caso ho messo da parte tutta questa presunta superiorità morale per andare al mio primo concerto post pandemia, quello di Franco126, per cui ringrazio Bomba Dischi e Kalporz, ad Ortona, mia città natale in quello che prima del live sembrava a tutti gli effetti un test atomico in un’area deserta del Kazakistan.
Non è questo il posto per parlare della qualità dell’esecuzione, che per me rimane comunque da non sottovalutare, ma forse è quello giusto per esprimere le sensazioni a caldo di quello che è stato il ritorno ad ascoltare qualcuno in un contesto reale, impegnativo e non limitato ai 50 presenti (famiglia e amici compresi) che molto spesso mi capita di frequentare.
Le sensazioni a bruciapelo sono strane, percorsi obbligati, obbligo di mascherina, divieto di fumo. Cose che anni fa nemmeno nei concerti al chiuso accadevano.
Ma forse la sensazione più strana è stata proprio il concetto di posto a sedere in un’area aperta e abbastanza ampia da contenerne forse il doppio dei presenti.
Con sommo rammarico, devo ammettere che questa formula è funzionale solo a chi pratica onanismo sulle composizioni o ascolta Progressive.
La mancanza di contatto, anche involontario, di quella calca da parterre manca, come manca la possibilità di conoscere persone nuove in quanto tutti limitati alla propria seduta e tenuti sott’occhio da una “security” efficiente.
Franco126 fa il suo, mettendo d’accordo tutte le fasce d’età. Mentre gli over 45 lo definiscono come il nuovo Luca Carboni, i ventenni intonano quasi tutti i suoi successi. Se questo è il pop in Italia, a me sta più che bene. I riferimenti culturali ci sono, si attinge a piene mani dalla tradizione inserendo immagini più vicine al presente ma sempre senza tempo.
È mancata la componente empatica, la condivisione, il limonare a caso con sconosciut* durante la ballad, il condividere le bottiglie prima dell’apertura dei concerti e senza queste “sensazioni” e abitudini anche il migliore degli artisti fa fatica a imporsi sul pubblico.
Rimane la soddisfazione di aver fatto scoprire qualcosa di “nuovo” alla generazione dei miei genitori, che ha commentato con piacere la vicinanza dei riferimenti, che in realtà spesso si rivelano più lontani di quello che pensano.
Sperando in un’occasione in cui pubblico e artista potranno darsi e dirsi di più, onore a Franco126 che per una notte ha fatto sentire città un paese immerso nelle sabbie mobili della provincia. Onore al pubblico che ha rispettato le regole senza troppe vicissitudini. Onore a chi, nonostante tutto non smette di credere che si possa creare una connessione tra pubblico e palco, anche rimanendo seduti.
(Riccardo Ricci)