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In questi tempi compositi in cui succedono incastri strani, è accaduto che Angel Olsen abbia voluto omaggiare Billy Idol proprio quando Idol se n’è tornato da un esilio artistico lungo sette anni che metaforicamente sono molti di più. O, meglio, la cantautrice americana ha dato alle stampe un intero EP di cover, “Aisles”, come abbiamo anche dato notizia a luglio, per cui non è una liason a tutto tondo, ma è comunque particolare la sua scelta nello stesso momento in cui il cantante di “Rebel Yell” – diciamo sostanzialmente dimenticato da una trentina di anni a questa parte – si ributtava nella mischia. Sì perché vi sfido ad esservi ascoltati, o quantomeno ad aver saputo dell’uscita dei tre album che Billy ha pubblicato in questi 30 anni: “Devil’s Playground” (2005), “Happy Holidays” (2006), “Kings & Queens of the Underground” (2014). Magari sì, eh, ma è stato comunque un artista poco considerato in generale: sia perché il suo genere così sbilanciato sul cyber-punk-pop non ha ricevuto rivalutazione alcuna nel tempo dalla critica rock, sia perché troppo rock per rivisitazioni nell’ambito della cultura pop. Era infatti a metà del guado, Billy.
Fa piacere dunque che la Olsen – artista di riferimento di questi anni, dall’imprescindibile “All Mirrors” del 2019 al singolo dell’anno “Like I Used To” (con la Van Etten) – abbia scelto lui. Ma con che risultati? Non molto elevati: “Eyes Without A Face” viene inglobata in un mood ipnagogico ed è noto che l’hypnagogic-pop non sia particolarmente di moda, oggi. Faceva quasi tenerezza quel tentativo di fine anni Zero/inizi anni Dieci di riprendere le fattezze degli anni Ottanta distorcendole con i filtri della nostalgia, quelli di Instagram, avremmo detto qualche anno dopo, ma ora siamo al filtro del filtro dell’originale. Inaffrontabile. C’è solo una parte in cui salta fuori l’autotune (siamo verso il minuto 2:37) e tutto si fa più interessante, la Olsen lì c’è: ma purtroppo è solo un piccolo inciso.
Invece il singolo di Billy Idol com’è? “Bitter Taste”, uscito l’11 agosto, è onesto: nel suo tentativo di suonare sweetsixteen-iana, Idol affronta il suo “famoso” incidente in moto del 1990 che gli cambiò la vita e lo fa con un pizzico di “gusto amaro” e una melodia semplice ma ispirata.
Cosa ci insegna tutto questo? Forse nulla. Oppure forse che gli artisti vivono di fasi come fossero onde sinusoidali, alti e bassi, che si incrociano e si toccano. E che non è detto che sia meglio una cover di una bella canzone fatta da una cantautrice “sul pezzo” piuttosto che una nuova canzone di una vecchia cariatide di cui nessuno aveva bisogno.
(Paolo Bardelli)