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“Epsilon” è un disco profondamente italiano nel linguaggio (sonoro e letterale), palesemente mediterraneo per i concreti riferimenti ma in quanto ad approccio è svincolato da un’appartenenza geografica (e temporale). Esce appena dopo l’estate, guarda al mondo, è un disco del 2021 come del 1978. Confonde, disorienta amorevolmente e lo fa grazie ad un equilibrio tra spontaneità calorosa e cura del più impercettibile dei dettagli. Jolly Mare (Fabrizio Martina) arriva alla quadratura del cerchio dopo un’eccellente produzione su un versante disco funk (non la chiamerei italo disco tout court) e qualche esperimento piuttosto scarno e marcatamente percussivo (“Logica Natura”). “Epsilon” ha un suono più organico del Jolly Mare più balearico ed ha anche una ricchezza (melodica) e una funzionalità nella stratificazione che non trovavo nella sua più recente incarnazione. Per certi versi vince nello stesso campionato (e per istanze simili) di gente come gli Altin Gün, ovvero supera in curva il fascino limitante dell’esotico (visto da un pubblico internazionale) e si serve di un patrimonio riconoscibile e personale per dire compiutamente qualcosa di universale e di attuale.
“Sabbia Bianca” in apertura è sia una dichiarazione d’intenti che un dispiegamento del patrimonio melodico di questo lavoro. Patrimonio che come punti cardinali involontariamente potrebbe toccare Carella così come Battiato (“L’Età Dell’Oro), Umiliani come il Battisti di “Anima Latina”. E poi, via via, lungo le sette tracce trova campo l’armamentario funk declinato in modo retrofuturistico (“Il Capriccio” è uno dei piatti forti). Ma l’apice di tutto questo brulicare incessante di musica è “Vivo”. Il pezzo è un ispiratissimo crocevia tra disco jam, canzone pop, Sud d’Europa, scenari cosmici, Napoli Centrale, qualcosa di Baldelli ma soprattutto di Jolly Mare. È nostalgia di trenta o quarant’anni fa ma è anche un avventurarsi, cauto e curioso, in un grottesco mondo che vorremmo presto chiamare post pandemico.
Per dire, questo è un lavoro con gli assoli (di chitarra, di sintetizzatori…) ma non dà mai la sensazione di essere disallineato rispetto alla musica del presente. Formalmente si è abbastanza lontani da quella perlina memorabile che era “Nobody Cares” ma nella sostanza si avverte che la mano è sempre quella. O meglio, le mani, perché parlare di Jolly Mare richiede il plurale: la ricchezza di ogni passaggio è tale perché Fabrizio Martina tratta la materia contemporaneamente con l’approccio del produttore, del DJ, del musicista, del turntablist, dell’ingegnere, pure del cantante. E la materia di cui è fatto “Epsilon”, come per ricambiare una tale attenzione, si rende tanto composita quanto trattabile.
82/100
(Marco Bachini)
(Immagine in evidenza tratta dalla pagina facebook di jolly Mare)