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Tre concerti in uno; possiamo riassumere così il tour che Carmen Consoli sta portando in giro per l’Italia tra novembre e gennaio. Più che un live show, uno spettacolo in tre atti, ognuno con la propria anima indipendente. Semplice nella concezione ma emozionante nello svolgimento.
L’ho vista al Teatro Regio di Parma, nella prima data del tour e nella serata di apertura del Barezzi Festival: anche con una formazione essenziale, l’artista catanese si dimostra una delle poche capaci di reggere qualsiasi palco e tenere altissimo il livello musicale dall’inizio alla fine. In venti anni di concerti al Regio, pop e rock, italiani e internazionali, mai avevo visto terminare un concerto con il pubblico (tutto) in piedi al proprio posto, le luci accese, e continuare ad applaudire per far tornare fuori l’artista. Senza la minima intenzione di smettere fino a quando non si fosse presentata. Sorpresa e commossa, ha chiuso con un fuori programma acustico in cui ha recuperato “Quello che sento” e “Amore di plastica” dal suo disco d’esordio.
Prima del suo concerto ho avuto la possibilità di intervistarla al telefono; di norma, le interviste vanno rielaborate per adattarle agli spazi e sistemare quelle parti prettamente discorsive, poco adatte alla lettura. Ma lei ha sempre tante cose da dire e le sa esprimere con precisione, eleganza e intelligenza; per questo andrete a leggere la trascrizione praticamente integrale. Le correzioni sono limitate al minimo e solo quando servivano per una miglior comprensione.
Un nuovo tour completo, nei teatri; quali sensazioni, pensieri ed emozioni pensando al ritorno dopo il periodo passato (e non ancora finito)?
Quello che è successo ha amplificato ulteriormente l’emozione, il piacere di stare insieme. Ha messo in risalto l’importanza di comunicare attraverso la musica. Dopo due anni di “reclusione” possiamo ricominciare e tornare a fare le cose che facevamo prima. Davamo per scontato la nostra vita, mentre ora sembra una cosa straordinaria e non vedevo l’ora. Mi rendo conto di quanto la vita che è stata sospesa per due anni mi sia mancata. Mi sono mancati gli ammiratori, il pubblico, i tecnici che attorno a me gestiscono tutte le varie cose e fanno in modo che tutto proceda al meglio, la vita da tour pur dovendo affrontare il distacco da mio figlio, che è sempre abbastanza doloroso anche se per un breve periodo. Era con me ad Assisi proprio nella settimana in cui nella mia città c’è stato il disastro. Da una parte gioivo ma dall’altra stavo molto molto in pensiero, ma per fortuna lui e mia madre erano con me altrimenti sarebbe stato molto più difficile. Non che non lo sia stato perché non ti dico quando siamo tornati come abbiamo trovato la casa, tutta allagata.
Siete stati colpiti anche voi dall’alluvione che ha colpito Catania?
Noi per fortuna in maniera lieve ma ci sono state delle tragedie, persone che hanno perso la vita, che hanno avuto danni irreparabili. Forse ci dovremmo chiedere, visto che è successo nella mia Sicilia, nella mia Catania, se tutto questo non sia un segnale. Anzi, probabilmente è la conferma del fatto che ciò che è accaduto nella mia Sicilia, e lo dico con tutto il dolore personale che ciò comporta, non sia stata che un’avvisaglia di ciò che è causa dei cambiamenti ambientali e che tutto ciò sia stato aggravato anche dal consumo del suolo, da un eccesso di costruzioni a discapito degli alberi e quindi terreni che franano più facilmente perché non più trattenuti dalle radici. Non si può reggere l’impatto dell’acqua senza il supporto della natura. Sappiamo usare Twitter, internet ad alta velocità, sappiamo portare i profitti e il Pil alle stelle, però forse dobbiamo un attimo fare qualche passo indietro e guardare ciò che è giusto per gli uomini. Anche perché se poi tutto questo profitto si deve spendere per acquistare medicinali e per ricostruire, francamente, forse è meglio se ci diamo una regolata. Penso.
Riparti da Parma, dove sei stata tante volte; che ricordi hai della città?
Apprezzo tantissimo la città e l’ambiente, trovo che i Parmigiani sono molto simili a noi nell’ospitalità, nel modo in cui si sta insieme. Il cibo è irresistibile, ci siamo messi a dieta in previsione di quello che mangeremo. Il pubblico lo ricordo molto bene, è una città stupenda. Mi ritaglio sempre un po’ di tempo per fare i miei giri, per vedere se ci sono delle mostre d’arte che possono interessarmi. Negli anni ho imparato a concedermi anche un po’ di tempo per fare la turista.
Franco Battiato era un collega, un concittadino, un amico. Ci sarà un omaggio?
Sì, faccio un omaggio a Franco. Canto nella nostra lingua, che è il siciliano, e canto “Stranizza d’amuri”, perché in questo momento è proprio il senso di questa canzone che mi anima tantissimo nel raccontare tutto quello che sto andando ad affrontare. Malgrado fuori ci sia una guerra e malgrado ci sia dentro di noi ci sia questo amore che entra dentro le ossa, non muori, sei in grado di poter cambiare tutto. Nell’avversità c’è un senso di resilienza. Questa è una canzone che avevo fatto mia che ogni volta che la canto sento particolarmente e la faccio pensando a lui.
Ci siamo incontrati per la prima volta nel ’98, eri una ragazzina con molto amore e con tanto rock nelle vene. Nella donna di oggi che voleva fare la rockstar cosa c’è della “rockeuse” di allora? Sicuramente che faccio ancora tutto con amore. Io non faccio un disco se non sono ispirata, non ho la “prescia” di fare i dischi. Infatti passano 6 anni. Non è che devo per forza fare la cantante, lo faccio se sento amore e se viene. Come i bambini, se vengono è ok ma se non vengono non vengono. È un atto d’amore, un disco, per me, e questo non è cambiato. Poi, io attribuisco sempre al sostantivo “rock” un significato che va oltre le chitarre distorte. Penso a Richie Havens che apre il concerto di Woodstock, per me è rock. Penso a Joni Mitchell, ed è solo chitarra a voce. Per me il rock è nel contenuto, nella destabilizzazione che attraverso la parola e i testi si veicola, si trasmette e si dà. Non mi fermo a considerare rock ciò che è vestito di chitarre elettriche e muri di suono. Anche perché puoi fare una canzoncina d’amore e metterci la chitarra distorta com’è avvenuto negli ultimi anni. Ormai sono tutti rock, però il contenuto non è più rock. Infatti per me è uno degli artisti più rock d’Italia è stato De André, rock proprio. Un altro rock è stato Franco, ma proprio punk è stato Franco. Non tanto nell’uso dei suoni, pensiamo a “Shock in my town”, ma nel messaggio, in ciò che andava a dire, nel suo anticonformismo sempre. Ed era più rock quando faceva le messe sacre, per me. Il rock è il contenuto, non il vestito.
A proposito di contenuti, nel nuovo disco ci sono ricordi, c’è il vissuto di tempo fa ma non in senso nostalgico quanto piuttosto un andare alla ricerca delle cose migliori per riportarle al presente e anche nel futuro…
Ti ringrazio per questa osservazione, mi fa piacere che l’abbia colta, questa cosa. Io ho una filosofia: tutti gli impedimenti diventano giovamenti e nulla nella nostra vita accade perché debba crearti un impedimento. Tutto deve portarci nel luogo che è più giusto per la nostra vita. Abbiamo attraversato dei momenti molto difficili, è verissimo, ma mentre sottolineiamo gli aspetti negativi dobbiamo enfatizzare quelli che invece sono i benefici delle avversità e degli impedimenti. Dobbiamo andare a ricercare il passato e a ricordarlo, imprimerlo nella memoria, perché si tende a dimenticare il passato. Siamo malati di un revisionismo compulsivo, e a forza di revisionare il passato ormai ci dimentichiamo anche di ieri. Che importanza possiamo dare a ciò che accadde 160 anni fa, l’Unità d’Italia per esempio? o 10 anni fa? o nel mio caso 40 anni fa? Invece Il passato è fondamento d’identità, secondo me, ed è la base che serve oggi per costruire il domani. Non c’è futuro senza consapevolezza storica, della propria storia individuale e della storia collettiva. È per questo che ti ringrazio per la domanda che mi hai fatto.
Personalmente, nelle tue canzoni anch’io ho sempre trovato molte parole e pensieri che fanno parte di me. Ma dobbiamo tornare a noi, al presente, al tour che stai portando in giro… Puoi descrivere il concerto?
Il concerto si compone di tre atti, perché con il mio manager Francesco Barbaro, che nell’occasione è anche il regista dello spettacolo come lo è stato di tanti altri, abbiamo voluto immaginare uno spettacolo teatrale. Il primo atto si intitola “il sogno” ed è il disco, dalla prima all’ultima traccia, eseguito per due chitarre, la mia e quella di Massimo Roccaforte. Dietro avremo dei video con la regia di Donatella Finocchiaro, che è una cosa particolare perché non sono solo dei video che stanno alle nostre spalle. Diciamo che è una tecnologia abbastanza innovativa e prende tutto il palco, e alcune proiezioni saranno anche su di noi, come se fosse tutto uno schermo nel quale noi operiamo, cantiamo e ci esibiamo. Faremo il disco così com’è nato, perché Massimo Roccaforte è il mio chitarrista da quando avevo 15 anni, è il mio fedele collega, compagno di musica, amico fin dagli inizi, abbiamo cominciato a sognare insieme. Tutti i miei dischi nascono sempre sul letto della mia stanza, perché noi ci dobbiamo chiudere nella mia stanza da letto, non per fare cose sconce ma per suonare i pezzi perché sennò ci sono i figli che ci vengono a disturbare, i genitori, gente che parla e fa rumore. Noi invece ci chiudiamo nell’unica stanza in cui riusciamo a registrare e a lavorare e questi brani sono nati proprio così, come li sentirete nel concerto.
Il secondo atto, che si chiama “Gli anni mediamente isterici” è per chitarra e batteria perché entra Marina Rei. Siamo due donne sul palco. Marina Rei, in questo caso diventa la mia batterista. Apro parentesi: batterista eccezionale. Non mi posso illudere che possa essere la mia batterista per sempre perché è Marina Rei, ma almeno questa volta ho il privilegio di avere questa musicista fuori dalle righe, degna figlia di suo padre, che è uno dei più grandi turnisti italiani. Si sente il DNA, però a parte i meriti dei padri e delle madri, io e Marina facciamo un set molto rock, chitarra e batteria.
Mi ricordo questo duo, l’avevo visto al Fuori Orario anni fa, prima di un concerto della Bandabardò…
Vero, noi amiamo molto questo concerto tanto che l’abbiamo portato in giro per il mondo ai tempi. Nel mondo, non in Italia. Però questo è diverso perché sarà veramente power: io, per supplire alla mancanza di basso ho la chitarra un semitono sotto e la corda del mi bemolle come si dice nel gergo “droppata”, cioè un tono sotto. Il suono è particolare. La mia è una chitarra acustica trattata come da chitarra elettrica, attaccata a due amplificatori in parallelo, con tutte le distorsioni del caso e tutti gli effetti della chitarra elettrica, ci sono Larsen che partono… L’impatto è abbastanza rumoroso. Marina ha già comprato tre paia di bacchette perché le distrugge nel concerto. Il terzo atto è “L’amicizia”: saremo sempre io e Marina, ma lei avrà un altro set: si è combinata un set percussivo e batteristico, dove ha pelli e componenti delle percussioni, e poi ci sarà Massimo che suona strumenti della tradizione come il mandolino e io con la mia chitarra acustica però questa volta senza l’ausilio degli ampli, abbastanza pulita. Qui faremo le mie canzoni, le hit, ecco, chiamiamole così, con la “acca” davanti.
(Pierangelo Pettenati)
La setlist del Barezzi Festival, Teatro Regio, Parma, 4 novembre 2021:
ATTO 1: Il Sogno
1. Sta succedendo
2. L’acquilone
3. Una domenica al mare
4. Mago Magone
5. Le cose di sempre
6. Qualcosa di me che non ti aspetti
7. Armonie numeriche
8. Imparare dagli alberi a camminare
9. L’uomo nero
10. Volevo fare la rockstar
ATTO 2: GLI ANNI MEDIAMENTE ISTERICI
1. Per niente stanca
2. Besame Giuda
3. Geisha
4. Fino all’ultimo
5. Donna che parla in fretta (di Marina Rei)
6. Sentivo l’odore
7. Confusa e felice
8. Contessa miseria
9. Venere
ATTO 3: L’AMICIZIA
1. Stranizza d’amuri (cover di Franco Battiato)
2. L’ultimo bacio
3. In bianco e nero
4. Blunotte
5. Fiori d’arancio
6. Orfeo
7. Parole di burro
8. ‘A finestra
BIS
1. Quello che sento
2. Amore di plastica
Questo articolo è la trascrizione integrale dell’intervista già uscita sulla Gazzetta di Parma in forma ridotta. Si ringrazia la Gazzetta di Parma per l’autorizzazione alla pubblicazione.
foto fornite dagli Ufficio Stampa
Marco Mannucci per Teatro Verdi di Firenze 2021
Danilo Nardoni (Festival Moon in june 2019)