Share This Article
Una sera, tornando a casa dopo un incontro col fidanzato Teddy, Sabrina Gallo scompare. Il percorso fra le due abitazioni è breve e noto, ma è una familiarità ingannevole, poiché la ragazza svanisce nel nulla. Teddy cade in una specie di atonia, ripiegato su sé stesso, e si rifugia da Calvin Wrobel, un vecchio compagno di scuola, che lavora nel settore informatico dell’esercito, mentre Sara, la sorella di Sabrina, resta sola a far fronte non solo alla propria sofferenza ma anche all’ondata di interesse dei media. Le loro vicende si dipanano in parallelo: quelle di Teddy e Calvin sono composte a dare un effetto di amplificazione reciproca, mentre Sara – la cui presenza apre e chiude e il racconto e che svolgerà un ruolo determinante, innescando lo scioglimento del racconto – cerca conforto, ascolto e un senso alla scomparsa della sorella.
Questa in breve la vicenda raccontata in Sabrina, firmata da Nick Drnaso come autore unico, pubblicata originariamente da Drawn and Quarterly nel 2018, inserita nella long list del Booker Prize 2018 e portata in Italia da Coconino Press1.
Sabrina è un racconto spoglio. I toni spenti dei colori, l’assenza di contrasti cromatici creano un’atmosfera dimessa: come un costante understatement, dichiara che tutto quello che vediamo è ordinario, un pezzo di vita quotidiana, qualcosa che accade di continuo (Fig. 1). La costruzione delle tavole sfrutta una griglia ordinata e ripetuta, le figure sono rese con poche linee, che si fanno carico anche delle espressioni, senza dettagli e in una sorta di costante immobilità. Ma più particolare è la gestione dei suoni. C’è molto silenzio, in Sabrina, e parole dette a bassa voce, espressioni che usano un registro ordinario e prive di effetti retorici, anche quando, nell’ufficio di Calvin, si parla di scelte importanti per la carriera. Fra Teddy e Calvin sono dialoghi abortiti, perché monodirezionali: Teddy risponde a monosillabi e si chiude in sé, così che alla fine risultano tentativi di riempire un silenzio opprimente e poco confortevole. Questo minimalismo è amplificato dalla dilatazione delle scene, realizzata utilizzando un elevato numero di vignette, che realizza qualcosa di assimilabile a dei piani-sequenza, nei quali seguiamo passo passo i personaggi. Ciascuna singola vignetta contiene infatti un intervallo temporale minimo e la loro successione determina un flusso di immagini che riproduce la visione ordinaria (Fig. 2). Visivamente, quindi, abbiamo una impostazione sobria e omogenea; nessun effetto speciale, perché non ci sono effetti speciali che spettacolarizzino la vita di tutti i giorni. A farlo, a trasformare i giorni in incubi, sono le parole delle persone: lo vediamo nella parte centrale, allorché nelle giornate di Teddy e Calvin irrompe la paranoia, senza che questo comporti variazioni significative dell’impostazione narrativa.
L’utilizzo dei piani-sequenza ha un risvolto fondamentale: pone lo sguardo del lettore all’interno della scena – lo immerge cioè nel flusso degli eventi. Normalmente, le inquadrature utilizzano uno sguardo esterno: il lettore è sempre spettatore/testimone. Il cambiamento del punto di vista è sempre associato a un intervallo temporale che dà l’idea di uno spostamento dello sguardo, come se il lettore volgesse la testa o si spostasse (questo anche nelle famose costruzioni stroboscopiche di de Luca). In un piano sequenza, invece, non ci sono stacchi, non ci sono cioè scelte di punti di visioni ottimali (considerazione accessibile solo da un soggetto esterno alla narrazione): siamo dove ci capita di essere e ci spostiamo con i personaggi all’interno della scena. Quindi, poiché siamo dentro, potenzialmente perdiamo il distacco rispetto ad essa e con esso qualsiasi privilegio/vantaggio che aiuti la comprensione degli eventi. Inoltre, quelle che sono offerte allo sguardo – con al più un paio di eccezioni – sono solo e unicamente le azioni dei personaggi, mentre rimaniamo totalmente all’oscuro dei loro pensieri. Nessun monologo interiore, nessuna voce narrante, niente se non ciò che vedremmo (ciò che vediamo) nella vita reale. In questo senso, Sabrina ha un’impostazione realistica (comportamentista?): porta il lettore nel flusso degli eventi ma gli offre solo quelli.
Il racconto procede con un ritmo costante e la tensione narrativa è costruita dall’accumularsi, scena dopo scena, di informazioni ed eventi che compongono e dipanano le vicende di Teddy e Calvin. I loro itinerari sono punteggiati da accadimenti estemporanei, innestati su condotte che appaiono in balia dell’inerzia della tragedia (Teddy) o di naufragi personali in corso (Calvin). Da questa dialettica emerge la tensione narrativa, da intendersi quindi come forzatura di una situazione stazionaria, che determina il movimento del racconto, sia come intreccio sia come passaggio da una sequenza a quella successiva. Lo sviluppo dell’intreccio di Sabrina è marcato da due punti, nei quali cambia il tono del racconto: il primo segna un generale incupimento, il secondo introduce lo scioglimento e il finale, in un clima rasserenato. La parte centrale si svolge in un clima claustrofobico ed è dominata, visivamente sommersa, da muri di parole: un frastuono verbale che spazza via l’atmosfera rarefatta che avvolgeva i gesti e i dialoghi (Fig. 3). Era, quello, un silenzio che dava alle tensioni e alle inquietudini uno spazio a misura di individuo: fossero l’atonia di Teddy o le dissonanze fra famiglia e carriera patite da Calvin, queste si svolgevano in un ambito ben preciso, riservato. I drammi, i dubbi, le incertezze vivevano nell’ambito personale, in spazi ben delimitati da pareti e corridoi. Ma ecco che la scomparsa di Sabrina diventa materia prima per il programma radiofonico di un predicatore e per i social, cibo per teorie complottiste, che arrivano a negare la realtà dell’accaduto e indicano Calvin, Sara e Teddy come attori di una trama di distrazione di massa. Le vignette sono invase dai discorsi radiofonici, dai post e dalle mail che costruiscono una realtà paranoica che copre quella ordinaria. Teddy ne è attratto, quindi travolto: il suo disorientamento è tale che lo vediamo attaccarsi al flusso retorico che esce dalla radio, fino a identificare in Calvin (che lavora per l’esercito, ricordiamolo) un nemico da eliminare. A interrompere questo scivolamento nell’ossessione sono altre parole. Anch‘esse provengono dal mondo di fuori, portate dal telefono, e sono voci note ai due uomini: Sara, la sorella di Sabrina, scuote Teddy, la moglie di Calvin demolisce le speranze di Calvin riguardo la loro riconciliazione. Sono voci che rimandano a volti e situazioni reali; richiamano la realtà, magari spiacevole, ma concreta: dicono cose che riescono a innescare un cambiamento in Teddy e Calvin, che finalmente agiscono, iniziando un nuovo capitolo delle proprie vite.
Sabrina racconta una vicenda ordinaria di gente ordinaria e l’omogeneità stilistica della narrazione comunica questa ordinarietà: non c’è niente di strano nel fatto che una persona sparisca nella strada di casa, che il vicino sia un maniaco omicida, che persone che tutto ignorano montino deliri paranoici, che gli stessi protagonisti dei fatti ne siano irretiti, che viviamo la nostra vita accanto a persone per anni senza capire che cosa quel rapporto significhi veramente per noi e per loro, che si debba prendere la propria vita sulle proprie spalle e assumersi la responsabilità delle proprie scelte, di fronte a noi stessi e agli altri. Il mantra profondo di questo racconto dolente è che la vita è vita: è varia, piena di complicazioni, complessa, a volte orribile, ma è qualcosa che accade tutti i giorni.
Di
Abbiamo parlato di:
Sabrina
Nick Drnaso
Traduzione di S. A. Cresti
Coconino Press, 2018
208 pagine, cartonato, colori – 23,00 €
ISBN: 9788876184079
Lo Spazio Bianco è una rivista online, amatoriale e indipendente, dedicata a informazione, critica e divulgazione del fumetto, attiva dal 2002. Le ragioni della collaborazione tra Kalporz e Lo Spazio Bianco puoi leggerle qui