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Non è facile essere Burial, quando devi mostrarti agli altri. Questo perchè il producer inglese, una volta stupito il mondo con l’esordio omonimo e il seguito a stretto giro “Untrue” (entrambi già pubblicati a loro tempo per la solita Hyperdub Records), aveva creato intorno a sè un mistero e uno status di instant classic del nuovo suono D’n’B e Uk Garage.
Nel corso di questi 15 anni le uscite a nome Burial sono state molto diradate e nonostante questo molto diversificate (sia per stile che per formato: singoli, EP, una raccolta un paio di anni fa), ma pagando il pegno di scontrarsi ogni volta con le aspettative che la doppietta di LP iniziali aveva addossato sulla sua musica.
Agli occhi di questa parte di ascoltatori allora “Antidawn EP” potrebbe essere un altro giro a vuoto di William Emmanuel Bevan, con il suo procedere in maniera sciolta da ogni struttura ed essendo in fondo così poco… musicale. A parere personale, invece, “Antidawn” è di diritto la prima grande uscita di questo 2022, che presenta una forma tanto interessante quanto poco mainstream.
Partiamo dall’inizio: intanto, definirlo EP è strana cosa: con i suoi 40 minuti di lunghezza, “Antidawn” sarebbe a tutti gli effetti un Long Playing, volendo considerare ancora valide le distinzioni che ci fornivano i formati fisici su disco. Ma a voler essere pignoli stilisticamente è più vicino a un ibridio tra EP e OST di un videogioco open-space, come anche accennato nelle note del disco.
I cinque brani qui proposti infatti raccontano una storia che va dispiegandosi man mano che andiamo avanti nell’ascolto, fornendoci in aggiunta tutto un ambiente nel quale le voci manipolate da Burial possano vivere. Melodie, silenzi e fruscii si alternano tenendo conto solo della drammaturgia interna ad “Antidawn”, che rifugge le classiche forme musicali ma non si concede nemmeno a facilonerie cinematiche.
Burial, spogliando di tutto la propria musica, riesce non solo a confezionare la sua uscita più interessante da qualche tempo a questa parte, ma anche a proporre a un vastissimo pubblico una formula di racconto per suoni certamente non inedita ma degna di essere approfondita, in cui l’ascoltatore gioca un ruolo attivo per riuscire a scoprire la storia, i suoi particolari nascosti e gli aspetti propri dell’ecosistema in cui sono immersi, similmente a quanto accade nella celebre serie videoludica “Dark Souls” e nelle opere della software house FromSoftware guidata da Hidetaka Miyazaki. Esattamente come dice la voce in chiusura del disco: “Come get me”.
75/100
Matteo Mannocci