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“Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore, / tu se’ solo colui da cu’ io tolsi / lo bello stilo che m’ha fatto onore”
Sono le parole con cui Dante si rivolge a Virgilio, dopo che quest’ultimo si presenta a lui. Forse sono anche le parole che Abel Tesfaye dovrebbe rivolgere a Daniel Lopatin.
A differenza dell’opera del poeta toscano, qua il purgatorio non è rappresentato come un monte da risalire, bensì da una galleria da attraversare in macchina, con una radio in sottofondo. In compenso, anche questo tragitto è costellato di cameo più (Jim Carrey su tutti) o meno (Tyler e Lil Wayne) riusciti.
Il talento di The Weeknd non è mai stato in discussione, fin dai meravigliosi esordi. La sua selva oscura era semmai rappresentata da un susseguirsi di dischi piuttosto ripetitivi e poco originali, per quanto illuminati da qualche guizzo pop di livello. “After Life”, il disco precedente, era stato una piacevole sterzata, rivelandosi forse il disco più riuscito del canadese. Finora.
Considerare “Dawn FM” un “After Life 2.0” è un errore che denota una certa superficialità nell’ascolto, oltre che una profonda ignoranza verso la storia del già citato Lopatin. Le similitudini con il disco precedente sono limitate allo sguardo al synthpop degli 80s. Il produttore noto ai più come Oneohtrix Point Never, del resto, ha sempre fatto del retrofuturismo -esasperato- il suo marchio di fabbrica principale.
Al limite, “Dawn FM” suona più come un misto di alcune idee esplorate nel recente “Magic Oneohtrix Point Never”, dove appare anche proprio The Weeknd, e “Channel Pressure”, uno dei lavori del duo Lopatin & Ford.
“Too Much Midi (Please Forgive Me)”, uno dei singoli di quell’album, ha dei synth e dei riferimenti a Prince che non stonerebbero affatto nel nuovo lavoro di The Weeknd. Con l’ultimo lavoro targato OPN invece si condivide il concept della stazione radio, al punto che alcuni interlude suonano perfino troppo simili.
Il disco ha dei momenti di grande coraggio: sarebbe davvero più facile immaginare un momento weird come “Every Angel is Terryfing” in un disco a caso di OPN o James Ferraro, che in un album da primissime posizioni in classifica. Tutto l’album riesce nell’usare il suono synthpop come strumento per il concept, non si limita ad usare quei suoni come si trattasse di un revival fine a sé stesso. Tesfaye indovina diversi pezzi, tra cui l’irresistibile “Take My Breath”, e finalmente gioca anche più del solito con i colori della sua voce, come in “Gasoline”, cantata tutta con un registro più basso e monotono del solito. La scrittura è ancora intrisa di nichilismo, edonismo e sesso, con un tocco di malinconia grazie ad “Out of Time”, una ballata che suona un po’ come un ipotetico featuring tra Michael Jackson e i Daft Punk.
Nessun pezzo di questo secondo capitolo della trilogia farà probabilmente i numeri fuori di testa di “Blinding Lights”, ma “Dawn FM” è il segnale di un artista pop in grande forma e con uno sguardo rivolto al futuro, finalmente. A questo punto non vediamo l’ora di vedere cosa c’è dopo la galleria. Nella chiusura dell’album, Jim Carrey, nel ruolo di speaker radiofonico, fa riferimento ad un’imminente catarsi. Forse, Abel Tesfaye non si limiterà ad uscire da quel tunnel, ma lo farà lasciandoci sepolti The Weeknd ed i suoi mostri.
80/100
Carmine D’Amico