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Ci sono dischi che gettano una luce improvvisa, come uno scrigno di tesori nascosto che aspettava di essere scoperto. È il caso di “The Untitled Ep” di Patrizio Ottaviani che per Wires Record ha pubblicato ai primi di febbraio il suo primo lavoro solista con il nome d’arte di Odawin. Quattro brani in lingua inglese che descrivono le tappe progressive di un progetto, prima di tutto interiore, avviato nel marzo 2020. Le canzoni, composte a distanza di alcuni mesi l’una dall’altra, sono l’espressione di differenti trascorsi emotivi e delle esperienze incontrate dall’artista romano nel corso del tempo.
Ispirata dalla lettura dei tarocchi e dalla pellicola del regista Terrence Malick dalla quale riprende il titolo, “Knight of Cups” è una traccia che spalanca le porte a provenienze arabe e misticheggianti. L’eterogeneità e la profondità di influenze si fa più esplicita in “Love Burns” e “December 18“; due brani dove i suoni e le richercatezze armoniche abbracciano il pop più immaginifico e sognante di band come i Love di “Forever Changes” e “Odessey and Oracle” degli Zombies. In “December 18“, pubblicata come singolo lo scorso Natale, nell’atmosfera calda e introspettiva, affiorano anche dei riferimenti a Sufjan Stevens. Più bowiana è invece la traccia che chiude l’EP, “Beliefs“, composta originariamente al piano, che parla ancora di sentimenti che definiscono un vissuto personale.
Con studi al conservatorio e una gavetta musicale prima con gli Alakazam, gruppo garage rock, e poi al fianco dei Taprobana, per i quali si occupava dei testi e delle tastiere, Patrizio Ottaviani si mostra un compositore talentuoso dotato di una non indifferente maturità artistica. “The Untitled Ep” – il nome scelto per il progetto, Odawin, racconta l’autore, è nato da un errore di battitura presente nel suo primo saggio di pianoforte – appare già una sorta di piccolo miracolo nel panorama italiano. Siamo curiosi a questo punto di conoscere le prossime mosse.
(Eulalia Cambria)