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Ci sono poche band che hanno mantenuto una qualità alta per più di un decennio. La maggior parte di queste band ha cambiato drasticamente il proprio abito. Viene facile pensare ai Radiohead, per esempio.
Gli Spoon appartengono alla categoria di band che non è mai cambiata davvero, pur non rimanendo immobile. È come se, nel corso di quasi trent’anni di carriera, avessero dipinto sempre lo stesso quadro, cambiando di volta in volta i colori. Stiamo pur sempre parlando di un gruppo che nasce ossessionato dagli Wire e poi trova nuova linfa vitale appassionandosi ad Elvis Costello.
Nel caso di “Lucifer on the Sofa”, le pennellate più inusuali sono affidate alla chitarra di Gerardo Larios. Un assolo come quello di “Satellite” è una cosa inusuale per un album degli Spoon, ma è integrato bene e non in modo forzato. È il lavoro più “classic rock” della loro storia, ed è impossibile non sentirci dei richiami agli Stones o ai Creedence. I texani riescono nella difficile impresa di non risultare troppo pomposi, pur piazzando un pezzo che starebbe bene in un concerto da stadio come “My Babe”.
Alcuni parleranno di “Lucifer on the Sofa” come di un disco estremamente derivativo, parzialmente a ragione, dato che sperimentazione è quasi del tutto assente. È tutto al posto giusto e qua e là ci son guizzi di classe che aiutano il disco a non affondare nel manierismo, come l’uso saltuario ed azzeccato del pianoforte o del sassofono. La band mantiene la sua personalità ed il solito innato gusto per le melodie e le texture sonore, ma non raggiunge l’originalità di “Hot Thoughts”, che suonava più elettronico e pulsante.
Tuttavia, va riconosciuta l’assenza di passaggi a vuoto ed alcuni momenti di autentico enigmatico rock ‘n’ roll (“The Devil and Mr. Jones”). Anche la produzione è semplicemente impeccabile ed in linea con le aspettative dei nomi coinvolti. Mark Rankin è pur sempre il produttore di “…Like Clockwork” dei Queens of Stone Age e Justin Raisen è artefice degli ultimi, potentissimi e riusciti, lavori di Yves Tumor e Kim Gordon. Non è affatto sorprendente che gli Spoon non siano mai suonati così spessi su disco, nemmeno ai loro inizi.
Se -nel 2022- si ha voglia di un certo sound, è sicuramente a dischi come questi che bisogna guardare, con buona pace di gente fighissima passata per l’Eurovision.
75/100
Carmine D’Amico