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«Il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità.»
Benedetto Croce
“C’era una volta…Un re! – Diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”. È questo l’incipit, che supera e ribalta i tipici inizi delle favole della tradizione, della notissima fiaba toscana frutto della penna di Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista e scrittore fiorentino Carlo Lorenzini.
Pinocchio esordì sulle pagine del Giornale per i bambini – periodico settimanale supplemento del quotidiano Il Fanfulla – rivista per l’infanzia stampata a Roma, diretta da Ferdinando Martini e finanziata dall’editore Oblieght.
Originariamente intitolato Storia di un burattino, il racconto uscì a puntate a partire dal primo numero del 7 luglio 1881, scritto da Collodi – pare – senza troppa convinzione e probabilmente per ripagare i propri debiti di gioco. L’autore lo definì infatti “una bambinata” e disse al direttore “Fanne quello che ti pare, ma, se la stampi, pagamela bene, per farmi venire voglia di seguitarla”.
La storia si sviluppò dapprima in quindici capitoli e Collodi decise di concluderla il 27 ottobre 1881 con Pinocchio impiccato al ramo della Quercia grande. Il burattino moriva, punito per la sua stolidità e disubbidienza, pronunciando un’invocazione già sentita altrove: “Oh babbo mio! Se tu fossi qui!”.
Questo bellissimo tetro racconto, dalla natura perturbante e oscura, era indubbiamente ascrivibile a una logica del terrore figlia della sua epoca, cui Italo Calvino – da estimatore d’eccezione – riconduceva senza alcun indugio l’opera originale: forse l’unico romanzo italiano, a suo dire, da ascrivere al Romanticismo nero e fantastico. “Ne La storia di un burattino non c’è spazio per la metamorfosi edificante: il romanzo, veloce e guizzante, terrificante e cupo, disegna un piccolo universo dominato dal male, dalla falsità, dalla cattiva fede, dalla furbizia”, scrive l’editore Il Palindromo nel pubblicare nel 2019 la prima versione del capolavoro involontario di Collodi, illustrato da Simone Stuto, a cura di Salvatore Ferlita, autore delle ottime appendici al volume. Un’edizione preziosa, consigliata a quanti vogliano riscoprire l’intento originale di un’opera potente e universale.
Il successo del burattino portò poi la redazione del Giornale a chiedere all’autore di continuare il racconto e nel febbraio 1882, nella rivista, fu pubblicata questa nota: “Una buona notizia! Vi ricordate del povero burattino che il signor Collodi lasciò attaccato a quell’albero e che pareva morto? Ebbene, ora lo stesso signor Collodi ci scrive per annunciarci che Pinocchio non è morto, anzi è più vivo che mai, e che gli sono accadute delle cose che pare impossibile […]”.
Nel dicembre 1882, Carlo Lorenzini stipulò il contratto con il libraio fiorentino Felice Paggi per la pubblicazione delle Avventure. Il sottotitolo dell’edizione in volume Le avventure di Pinocchio era Storia di un burattino, per chiarire che si trattava della versione completa della storia di Pinocchio. All’interno, prima del frontespizio, troviamo le prime illustrazioni – diventate celeberrime – del burattino e dei personaggi del racconto a opera di Enrico Mazzanti.
Nel febbraio del 1883, a poche settimane di distanza dalla conclusione delle uscite a puntate nel Giornale per i bambini, Le avventure di Pinocchio venivano pubblicate in un libro in brossura dal piccolo formato in sedicesimo e dalla copertina verde, messo in vendita per 2,50 lire. Il volumetto faceva parte della sezione dei Libri per letture della collana Biblioteca scolastica dell’editore Paggi. Oggi, la copia anastatica di quella prima edizione è disponibile presso l’editore Giunti che l’ha pubblicata nel 2002 e ristampata nel 2007 e successivamente nel 2013.
Naturalmente, prima che fosse mandato in stampa, fu necessaria una revisione completa del racconto, per conferirgli l’aspetto di una narrazione omogenea, senza i salti e le ripetizioni utili alla sua pubblicazione a puntate. Il lavoro di editing fu affidato allo stesso Lorenzini, che tuttavia non mancò – intenzionalmente, secondo l’illustre bibliografo Marino Parenti – di lasciare immutate diverse incongruenze nella trama, oltre ad aggiungere i sommari che oggi troviamo all’inizio di ogni capitolo.
Fra i giudizi immediatamente favorevoli all’opera spicca quello di Benedetto Croce che in La letteratura della nuova Italia scrisse “il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità”.
Pinocchio è diventata nei decenni un’icona universale e una metafora della condizione umana, che insegna la più grande delle lezioni: per la salvezza occorrono la verità, la conoscenza e il rispetto, e che per raggiungerle è necessario attraversare e coltivare la disobbedienza poiché essa ci aiuta a diventare autentici esseri umani.
Il libro – fiaba per bambini incredibilmente complessa, che si presta a una pluralità di interpretazioni, addirittura a una lettura esoterica e a una teologica del personaggio del burattino – è un capolavoro mondiale che ha ispirato centinaia di edizioni, traduzioni, trasposizioni teatrali, televisive (in Italia, grande successo di critica e pubblico ha ottenuto nel 1972 quella per la regia di Luigi Comencini, corredata delle musiche iconiche di Fiorenzo Carpi), cinematografiche e animate e ha reso idee come quella del naso lungo del bugiardo, del Paese dei Balocchi, del “ridere a crepapelle” e dell’“essere fritto” (nel senso di non avere vie d’uscita) metafore comuni. Allo stesso modo, molti dei personaggi sono divenuti modelli umani tipici, ancora oggi citati frequentemente nel linguaggio comune, come Mangiafoco, Lucignolo, il Grillo Parlante e il Gatto e la Volpe.
Un calcolo delle copie di Pinocchio vendute in Italia e nel mondo è impossibile, dato che i diritti d’autore caddero nel 1940 e a partire da quella data l’opera fu riprodotta liberamente da chiunque. Una stima fornita dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi alla fine degli anni Novanta, e basata su fonti UNESCO, parla di oltre 240 traduzioni in tutto il mondo. Questo dato fa di Pinocchio, a oggi, il secondo titolo più tradotto della letteratura mondiale – dopo Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry – nonché il primo fra quelli italiani.
«Un bambino continuamente forzato nella sua natura ribelle.»
Paolo Mottura
Il personaggio di Pinocchio ha avuto anche varie e innumerevoli trasposizioni a fumetti, oltre a liberi adattamenti dell’opera.
Ad esempio, Jacovitti ha realizzato ben tre versioni della storia, in periodi e stili diversi, prima delle quali rappresentata dalle illustrazioni del 1945. Al 1947 risale invece quella edita dalla casa editrice Nerbini, con adattamento del testo a cura di Marcello Serra e illustrazioni di Aurelio Galleppini. Una resa di Pinocchio, secondo il modello delle tavole del Corriere dei Piccoli, venne pubblicata poi dalla De Agostini di Novara nel 1948 con le illustrazioni di Sto, l’autore del Signor Bonaventura, e i versi di Grisostomo, pseudonimo sotto cui si celava Marino Parenti. Quanto agli adattamenti, potremmo citare su tutti Il circo di mezzanotte di Mike Mignola, racconto breve della saga di Hellboy in cui compare il burattino e la sua storia funge da metafora per tutto il racconto. Persino il “dio dei manga” Osamu Tezuka subì l’influenza di Collodi per la creazione del suo Astro Boy, così come nel cinema Steven Spielberg cita più di una volta Pinocchio e la Fata Turchina del suo A.I. – Intelligenza Artificiale.
Ultimo – in ordine cronologico, ma non di importanza – a lavorare sul personaggio e la storia di Pinocchio giunge Paolo Mottura, che illustra per NPE il racconto integrale di Lorenzini, frutto di uno studio ragionato e di una interpretazione del tutto nuove del romanzo del fiorentino.
La trasposizione del classico di Collodi è frutto di una collaborazione fra l’editore campano e l’Associazione La Nona Arte, nata nel 2013 da un’idea di Paolo Rinaldi. Il risultato è una visione originale dell’opera rispetto a quelle del passato, in cui l’approccio classico delle illustrazioni di Mottura – già notissimo autore di Disney Italia – si fonde con le diverse soluzioni tecniche adottate per l’occasione: dai pastelli agli acquerelli, sino agli oli ricchi di ricercati effetti materici.
La genesi stessa del volume – che possiamo a giusta ragione definire uno dei più preziosi e meglio curati di NPE – merita di essere raccontata, come fa lo stesso Paolo Mottura nella sua introduzione al libro. Il tutto nasce dall’incontro dell’illustratore con il collezionista Amedeo Mazzuccato di Castelfranco Veneto, conosciuto fortuitamente nel vicentino, perché acquirente, in un mercatino delle pulci, di una versione di Pinocchio dei primi anni Quaranta già notata da Mottura.
Collezionista e grande conoscitore dell’opera di Carlo Collodi, Mazzuccato condusse Mottura a maturare un’interpretazione piuttosto atipica del romanzo: “Pinocchio ne usciva come un bambino continuamente forzato nella sua natura ribelle, punito da una società bacchettona e moralista, che non accettava un animo anticonformista e fuori dagli schemi, seppur frivolo ed egoista”, si legge nella prefazione al libro. “La sua matrigna, camuffata da fata turchina, ricordava molto le suore del collegio in cui Amedeo aveva trascorso troppi anni della sua infanzia. Le tentazioni che la fata/matrigna metteva sulla strada di Pinocchio erano in realtà dei trabocchetti che avevano sempre un caro prezzo: l’emarginazione dalla società, l’allontanamento dai genitori naturali, l’internamento in prigione…”.
Esito di questa rilettura della storia di Pinocchio è un volume illustrato (dunque, non un fumetto) in cui, accanto ai disegni che fanno da accompagnamento alla vicenda del burattino, spiccano immagini esterne al racconto, ad esempio quella – conclusiva – che ritrae il protagonista in un teatro di posa, riflesso in uno specchio in frantumi, che restituisce l’immagine di un adulto responsabile, a discapito della perdita della purezza e della spensieratezza di un bambino. Il lieto fine edificante concepito da Collodi viene così sovvertito, reso più profondo e cupo da Mottura, che dissemina l’intero libro di quell’inquietudine serpeggiante già nell’opera collodiana.
Alle illustrazioni a tutta pagina dal sapore magico, favolistico ed evocativo, si alternano immagini di profonda angoscia, come quella che pervade lo spirito di Pinocchio nei momenti più bui della sua vicenda di riscatto personale. Ai disegni fiabeschi dai colori caldi, dalla composizione armoniosa, dal tratto delicato, fanno da contraltare le immagini crude e violente di un burattino preda delle tentazioni, della solitudine, del peccato, della paura, metaforicamente divorato dal Pesce-cane come dal proprio rimorso per aver contravvenuto alle indicazioni di Geppetto e ai consigli della Fata Turchina.
Mottura distribuisce con equilibrio, durante tutta la narrazione, ispiratissime pagine e doppie pagine a colori dal sapore onirico, quasi felliniano, immersive nella loro tridimensionalità ed evocatività, e sequenze inquietanti di un bianco e nero dal tratto ruvido e dall’impostazione della tavola più classica, come quella dedicata allo sprofondare di Pinocchio nella pancia del “terribile Pesce-cane”.
La cura dell’impianto grafico del volume, affidato a Luca Baldi, va ben al di là della schematicità priva di particolari trovate creative reiterata da NPE negli anni. Il formato del cartonato 20×27 cm si presenta più piccolo e maneggevole del consueto A4; il che rende il volume non solo maggiormente adatto a essere sfogliato da una bambina o da un bambino – che presumibilmente sarebbero il target perfetto per la fiaba di Collodi –, ma anche più particolare e prezioso nella sua quasi unicità.
L’incipit di ogni capitolo, indicato con numeri romani, è poi caratterizzato da un medaglione che propone una miniatura ad hoc realizzata da Mottura, che rimanda al contenuto della storia; mentre i numeri di pagina sono incorniciati dall’immagine del profilo di Pinocchio in una tonalità ocra scuro simile all’oro che ripropone il colore di stampa del numero del capitolo corrispondente, come anche quello del titolo in copertina. All’interno di diverse pagine, inoltre, le illustrazioni fanno da cornice al testo, lo arricchiscono, lo rendono vivo oltre la staticità della stampa tipografica, secondo la lezione di Enrico Mazzanti nel 1883.
Ineccepibile è poi la scelta di corredare il volume di un indice dei capitoli che ricordi quello della prima edizione Paggi del 1883, oltre a una introduzione di Paolo Mottura che – come abbiamo detto – racconta i retroscena del progetto.
Apprezzabile è anche l’uso di risguardi arricchiti dalle illustrazioni dell’autore di Pinerolo, che ritraggono Pinocchio in compagnia del Gatto e della Volpe, in uno nei passaggi più noti della fiaba.
La stessa immagine di copertina è fortemente simbolica della rilettura di Mottura e mostra un Pinocchio burattinaio a sua volta, alle prese con i personaggi iconici del racconto di Collodi ridotti essi stessi a marionette senza vita.
Il Pinocchio di Paolo Mottura è senza ombra di dubbio un lavoro ricco di suggestioni visive e di particolari, che rispetta pienamente il capolavoro collodiano e ne amplifica bellezza e portata interpretativa.
Abbiamo parlato di:
Pinocchio
Paolo Mottura
Edizioni NPE, 2021
120 pagine, cartonato, colori – 19,90€
ISBN: 9788836270668
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