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Italia 90 + Qlowski, Covo Club di Bologna, 7 Maggio 2022
Un sabato assolutamente esaltante quello trascorso al Covo in questo piovoso inizio di Maggio. Tra chiacchiere con amici, birrette e la musica tanto nervosa quanto liberatoria di due formazioni londinesi che oggi non sono più semplici promesse ma realtà importanti: Italia 90 e Qlowski.
I Qlowski, guidati dai ravennati Michele Tellarini e Cecilia Corapi già “in trasferta” da qualche anno, si accompagnano sul palco con chitarra Fender Jazzmaster, sintetizzatori, basso, batteria e una strana figura in maschera e vesti decadenti a ballare le sonorità del gruppo – quasi fosse Bez con gli Happy Mondays dopo un brutto viaggio. il requisito della loro versione del post-punk sta nel coniugare influenze ancora non battute come The Clean (nelle melodie) e The Gordons (nel pattern scuro), un sottobosco neozelandese riportato in luce negli ultimi anni da Merge e 1972.
La band esegue senza fronzoli gioielli come “Ikea Youth” e “A Woman”, esempi di una poetica in chiave anticapitalista e di impegno sociale; tra le loro ispirazioni metterei comunque anche Cabaret Voltaire e Martin Newell. Spazio per un inedito e brani (“Larry’s Hair Everywhere”, “All Good”) tratti dal loro album di debutto “Quale Futuro?” che ho voluto premiare a mio disco del 2021 su Kalporz. Quando gli strumenti e le voci di Michele e Cecilia si uniscono in potenza esce la visceralità dei Qlowski, in “The Wanderer” – molto Joy Division – e “Folk Song”, un instant classic per il post-punk degli ultimi cinque anni. L’unione fa la forza di una band matura e dallo stile originale.
Dicevamo degli amici. Gli Italia 90 si presentano così a Bologna, tra la gente a discorrere di calcio che sia la squadra locale (il leader Captain ACAB sfoggia una maglia da trasferta stagione ’74-’75) o il Queens Park Rangers, il team supportato dai lads relegato a metà classifica della seconda divisione. In un parallelo assurdo con la dimensione dell’after-show Cool Britannia che seguirà, sono gli Oasis (popolari) dopo i Qlowski/Blur (intellettuali). Poichè sprezzanti, fieri e bisognosi del contatto con il pubblico.
Riescono a fare cantare e pogare pur non avendo con sè un album sulla lunga distanza da tenere in mano fisicamente. Le chitarre fanno il verso ai Jesus Lizard mentre la lentezza salmodiante di alcuni momenti rimanda direttamente ai Murder Capital (dove siete finiti, a proposito?). La scaletta di brani è oltremodo avvincente, pescando dalle varie fasi evolutive del gruppo: “Stroke City” con un recital graffiante e “An Episode” dal basso vorticoso sono estratte dall’Ep “Italia 90 III” (2019), seguono la più recente “Borderline” dalle influenze The Fall e “New Factory”, up-tempo ballabile schierato a fianco degli operai UK. Ipnotizzano per tenuta del palco, una compattezza nel segno del less is more. “Competition” dal primo Ep del 2017 pone fine ai giochi, sintetizzando che c’è divertimento ma anche riflessione e impegno nella musica degli Italia 90, come dei Qlowski.
Contro le ingiustizie, le disuguaglianze, un mondo in rottura e in guerra questa musica può fare.
Foto in Home degli Italia 90 di Paul Hudson