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“Endless Rooms”, il terzo lavoro sulla lunga distanza per gli australiani Rolling Blackouts Coastal Fever segna un brillante passo in avanti nel loro percorso, con un ritorno ai fasti dei primi EP e di “Hope Downs” in termini di qualità ugualmente spartita tra le undici canzoni che ne formano l’ossatura. Emerge inoltre una profondità negli argomenti affrontati che, insieme alle sfumature musicali che trascendono il jangle-pop portandoli vicini a colossi indie-rock quali R.E.M., gli Arcade Fire che furono e Yo La Tengo – non è casuale l’affinità tra covers con “And Nothing Turned Itself Inside Out” – ne fanno forse il loro album più riuscito fino ad oggi.
Il disco è stato inizialmente composto in remoto dai tre chitarristi e autori, Fran Keaney, Tom Russo e Joe White, per poi spostarsi nei brevi periodi di allentamento pandemico con Joe Russo (basso) e Marcel Tussie (batteria) in un casolare di pietra su un lago a due ore di distanza da Melbourne. Aiutati dal fido ingegnere del suono Matt Duffy il quintetto ha registrato in libertà permeando la musica dello spirito del luogo con field recordings di pioggia, fuoco, uccelli, tempeste – già anticipate nella intro “Pearl Like You”. “It’s almost an anti-concept album,” spiega Keaney “The Endless Rooms of the title reflects our love of creating worlds in our songs. We treat each of them as a bare room to be built up with infinite possibilities.” Laddove in “Sideways To Italy” non mi arrivava l’urgenza, come se fossi dinnanzi a un compitino, in “Endless Rooms” al contrario i Rolling Blackouts CF diventano finalmente imprendibili (nei cambi di direzione di “Vanishing Dots”) e magnetici (con la preghiera bluesy di “Caught Low”).
“The Way It Shatters” rimanda alla lezione new-wave degli XTC colorandola di synth abbaglianti, mentre nella felpata “Dive Deep” le chitarre in stile shoegaze lasciano spazio a un cantato al limite dell’hip-hop e ai refrain epici e tipici dei canadesi che abbiamo menzionato in alto: trattasi di due singoli vincenti, che porteranno nuovi estimatori alla band. Con “My Echo” e “Tidal River” si torna a sonorità più classiche dei Rolling Blackouts Coastal Fever, candidandosi a nuovi inni dal vivo – e giustamente, per un tiro e un intreccio di melodie più unico che raro. La seconda non nasconde la preoccupazione per il cambiamento climatico (“Ceiling’s on fire, the train’s leaving the station/It’s January and we’re on vacation/Take your complaint to the United Nations“), quando nella stratosferica “Saw You At The Eastern Beach” vestono i panni di un Bruce Springsteen denunciando industrializzazione e capitalismo: “The petrochemical factory glitters like so many precious stones, even through the bay windows of the quarter acre homes.”
In “Bounce Of The Bottom” e “Open Up Your Window” per chiudere si distingue una psichedelia bucolica tra Echo & The Bunnymen e The Church, ennesima finestra che rispecchia la tanta luce e bellezza prodotte dai Rolling Blackouts Coastal Fever nelle loro “Endless Rooms”.
82/100
Foto in Home di Nick Mckk