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Big Questions è un fumetto originariamente uscito negli Stati Uniti nel 2011: racconta una storia che raccoglie quindici anni di lavoro di Anders Nilsen, tra i più importanti fumettisti del panorama contemporaneo (tra i suoi lavori ricordiamo Dogs and Water, Don’t go where i can’t follow, Rage of Poseidon e Tongues). L’edizione italiana pubblicata da Eris Edizioni conta 585 pagine, cui si aggiungono una postfazione dell’autore e quattro appendici, che raccolgono altri disegni e materiali. Il fumetto ha vinto un Lynd Ward Graphic Novel Prize e un Ignatz Award come miglior graphic novel.
Da quelli che potremmo considerare i “dati anagrafici”, Big Questions si presenta come un’opera monumentale, ma anche senza conoscere già l’autore (del resto questo è il suo primo fumetto a essere tradotto in Italia), si ha comunque l’impressione di essere davanti a qualcosa di atipico: il volume corposo, con quell’estetica essenziale e un po’ surreale che ricorda un libro di storia naturale, il titolo scritto in un piccolo corsivo e senza maiuscole (così come anche il nome dell’autore), tutti questi elementi danno l’idea di un oggetto proveniente da un altro tempo (o forse proprio fuori dal tempo). Del resto la realizzazione di Big Questions copre un arco di anni talmente ampio (dal 1996 al 2011) che è comprensibile come mai non sia facile collocarlo.
Cosa racconta Big Questions? Al centro troviamo una comunità di uccelli che abita una pianura non meglio collocata, uno spazio immenso anch’esso fuori dal tempo. I piccoli volatili si pongono effettivamente grandi domande, dilemmi esistenziali ai quali non riescono a dare risposte. La loro vita monotona viene sconvolta da una serie di eventi senza precedenti, che coinvolgono anche i pochi esseri umani che vivono nella steppa: una donna anziana, un uomo di cui si prende cura, noto come «l’idiota» in quanto affetto da disturbi che rendono molto difficile (o forse solo molto differente) il suo rapporto col mondo, e il pilota di un aereo militare, sopravvissuto allo schianto del suo velivolo. Questi avvenimenti sono il primo motore delle diverse storie che intrecciano i rapporti tra i personaggi, andando a toccare i temi più svariati (dalla religione all’elaborazione del lutto, dall’inconscio alla ricerca di un senso della vita) in uno svolgimento così profondo e complesso che ha qualcosa in comune con il racconto mitico.
Anders Nilsen orchestra magistralmente l’intero fumetto, facendo risuonare anche nella struttura e nelle citazioni la profondità dei dilemmi che i personaggi devono affrontare: molti infatti sono i richiami biblici, dall’uccellino Charlotte «evangelista», che vede un significato divino negli eventi narrati, fino al nome del pilota, Isaac Abrams, che nei suoi sogni incarna sia la figura che deve compiere un sacrificio (Abramo) sia quella che deve essere sacrificata (Isacco); a livello di struttura colpisce invece la divisione per capitoli: questi sono numerosi (79 se si escludono postfazione e ringraziamenti) e ogni titolo porta il nome dei personaggi che ne sono protagonisti o sintetizza cosa accadrà. Questa scelta richiama alcuni testi dallo spessore mitico come, per fare un esempio, Moby Dick di Melville, un’opera che di certo non fa sconti in quanto a simbolismi, rapporto tra uomo e natura o tra uomo e divinità. Altra corrispondenza con il capolavoro di Melville è la forma del titolo: infatti a Moby Dick o la Balena corrisponde Big Questions o Asomatognosia: ma di chi è la mano?
Data la vastità e la profondità dei temi presenti nell’opera di Nilsen, non credo sia sensato andare a toccarli uno per uno. Ciò che si può fare, partendo proprio dall’enigmatico titolo, è affacciarsi, osservarne l’interno dalla soglia, che è anche un buon modo per conservarne il piacere di lettura. Asomatognosia, quindi: nel dizionario medico leggiamo «perdita della capacità di riconoscere una parte del proprio corpo, che viene considerata estranea o addirittura attribuita ad altra persona». Di chi è la mano, dunque? Nonostante i protagonisti principali siano degli animali, in Big Questions le inquadrature sulle mani sono numerose: troviamo la mano della vecchia, che distribuisce briciole agli uccelli e pettina i suoi capelli grigi; la mano dell’idiota, che stringe l’uccellino Bayle senza ucciderlo; e quella del pilota, che non ha la stessa delicatezza.
Ma la domanda del titolo si rifà anche a un modo di dire che viene ripreso in un capitolo: la mano infatti è quella che nutre, e che non andrebbe morsa. Buona parte delle storie che si sviluppano in Big Questions nascono proprio dal tentativo di capire a chi appartiene quella mano, in una serie di incomprensioni, scambi di ruolo, credenze e speculazioni tese a inquadrare i cambiamenti avvenuti nella pianura. Questa tensione porta a trovare giustificazioni soprannaturali e a vedere negli umani un’entità divina capricciosa e insondabile. Dall’altra parte Nilsen ci mostra come chi si trova a coprire questo ruolo potrebbe non averlo scelto e non esserne affatto consapevole. Di conseguenza il rapporto sarà basato su un’incomprensione, su un codice di riti e di pratiche che non è condiviso; e quando non si capisce qualcosa con cui si è costretti a fare i conti, molto spesso si finisce per distruggerla.
Non dimentichiamo che asomatognosia riguarda l’incapacità di riconoscere qualcosa di nostro, che ci appartiene. Ciò che risulta incomprensibile fa parte di noi e allo stesso tempo noi siamo la parte che non viene compresa. Da questo punto di vista, le traiettorie della storia di Nilsen sono sì numerose, ma si avvolgono tra di loro come le spire di un solo serpente, fanno parte di un tutto su cui i protagonisti non possono che avere una visione parziale. E proprio questo limite pone grandi domande. Esemplare è «Il soliloquio di Betty» in cui l’uccellino si interroga riguardo l’“uovo caduto dal cielo”:
Avremmo dovuto farci un’idea diversa? Avremmo dovuto saperlo? Ci è sfuggito qualche indizio? La nostra cecità è stata ridicola? Forse siamo stati patetici, comici, ad aver preso quell’affare per un uovo. Una cosa da custodire, da proteggere. Un onore. Un dono. Gli altri possono essere perdonati. Almeno hanno agito in tutta serietà. Io lo sapevo. Io lo sapevo, e non ho fatto niente.
Anche rispetto al disegno c’è molto dire. Anders Nilsen ha sviluppato un tratto essenziale e minimalista, che col tempo si è fatto sempre più sicuro e preciso. Questa ricerca è ben visibile in Big Questions, che, come spiegato dall’autore nella postfazione, è stato il suo primo fumetto e quindi anche un luogo di sperimentazione: si inizia infatti con vignette poco ordinate e con un tratto affrettato, fino a raggiungere tavole progettate nei minimi dettagli, con griglie molto rigide che si alternano a campi lunghi e splash page. Nilsen utilizza un pennino sottile con poca matita per le bozze e sceglie un riempimento che alterna righe sottili e puntinato, ben visibile soprattutto nei paesaggi. Tutte queste scelte, insieme all’assenza di colori, portano a una netta predominanza del bianco: l’intero ambiente della pianura, infinito come il cielo piatto che la sovrasta, risulta dotato di un’aria metafisica, fuori dal tempo e lontana da qualsiasi luogo. Questo spazio vuoto risuona a vari livelli: le tavole di Nilsen sono estremamente silenziose, i dialoghi rompono la quiete come se fossero sulla scena di un teatro, al di fuori del quale non accade nulla perché non c’è nulla.
Da questo punto di vista, anche osservando la piantina del luogo realizzata dall’autore raccolta nelle appendici, la gestione dello spazio ricorda in qualche modo il film Dogville di Lars von Trier: tutto accade dentro i confini di uno spazio ristretto ma, in virtù del suo essere un luogo metafisico, l’intera vicenda riesce a essere universale, anche grazie al generale effetto di straniamento dato dalle scelte dell’autore. Queste giocano con i confini anche a livello grafico: fuori dalle vignette si svolgono diverse azioni e il lettore è costretto in una prospettiva anch’essa parziale. Un simile espediente contribuisce a dare spazio alle vicende disegnate poiché quello che accade rimane fuori campo e dobbiamo aspettare che venga inquadrato, mentre la nostra immaginazione sta già provando a riempire il vuoto.
In generale, un elemento che colpisce di Big Questions è proprio il respiro: Anders Nilsen gestisce il ritmo in maniera sapiente, prendendosi tutto il tempo e lo spazio necessari per raccontare non solo la storia, ma l’aria e le emozioni che aleggiano in quel bianco sconfinato (e che significativamente diventa nero in alcune scene). Lo dimostra l’estrema varietà dei ritmi e dei formati utilizzati, dalle sequenze con vignette a mezza pagina a tavole che contano anche venti vignette.
Per concludere, Big Questions è il fumetto che promette di essere (e forse anche un po’ di più). Eris Edizioni porta in Italia, in un’edizione ben curata, un fumetto fondamentale che apre prospettive sia per le domande che pone sia per ciò che riesce a fare con il medium fumetto. È sicuramente un testo la cui lettura richiede tempo e attenzione, ma la narrazione scorre, alternando riflessioni dense a lunghi silenzi. È un fumetto di cui non ci si libera facilmente: arrivare in fondo è impegnativo, ma una volta chiuso viene voglia di ricominciare dall’inizio.
Abbiamo parlato di:
Big Questions
Anders Nilsen
Eris Edizioni, 2021
656 pagine, brossurato, bianco e nero – 35,00 €
ISBN: 9791280495013
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