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Arrivati al secondo lavoro in studio dopo l’omonimo album d’esordio, tornano i 72-HOUR POST FIGHT con “NON-BACKGROUND MUSIC”.
Già dal titolo sono chiare le intenzioni e lo stile del quartetto, che presentano una interessante evoluzione del loro sound già unico nella scena italiana; approccio jazz, influenze dalla sperimentazione e dall’elettronica, voglia di suonare quello che si è senza inseguire trend vari in un mercato difficile come quello italiano rendono ogni uscita dei 72-HOUR qualcosa a cui tendere l’orecchio.
Questo anche perchè è chiaro come ogni brano risulti sincero, con quell’attitudine punk che smussa le composizioni jazz, con un’enorme voglia di comunicare emozioni tramite il suono. Come già dalla seconda traccia, “4K FIREPLACE”, che dipinge un panorama sonoro distorto e in degradazione in cui le progressioni strumentali aggiungono tutti quei sapori umani coi quali riusciamo, da fruitori, a empatizzare.
O come il primo singolo estratto dall’album, “MADE OF CLAY”, dove un riff etereo di chitarra ci fa immergere in un mondo onirico e sfocato, dal quale emergono immagini ed esperienze sempre diverse.
Cosa rende quindi quella dei 72-HOUR POST FIGHT una vera “NON-BACKGROUND MUSIC”? Se da una parte le composizioni ricalcano una sorta di library/elevator music, dall’altra la componente emotiva immette l’ascoltatore in una posizione attiva rispetto ai brani dei quattro musicisti, ribaltando quindi il preconcetto che certi stili musicali siano ‘buoni’ solo per un ascolto passivo ed easy listening. Anche il concetto dell’easy listening infatti viene distrutto: dalle distorsioni, agli inserti noise a una batteria che da componente solo ritmico prende un ruolo ben più presente all’interno delle produzioni, tutto nella musica dei 72-HOUR POST FIGHT è in bilico tra due mondi, vivo nella contrapposizione di generi e stili normalmente in contrasto tra loro, e in quel centro trova la sua dimensione ideale e, come già scritto sopra, a suo modo unica, nel quale l’ascoltatore viene coinvolto per inserire l’ultimo tassello del puzzle e vivere in prima persona quello spazio sonoro, per non renderlo soltanto musica da sfondo.
75/100
(Matteo Mannocci)