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The Orchids, l’indie-pop che ruggisce ancora

Matteo Maioli

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The Orchids sono una tra quelle formazioni che hanno permesso all’indie-pop di arrivare fino a oggi, tanto da essere definiti dal Melody Maker “The Best Scottish Pop Band since Orange Juice”.

La Skep Wax di Amelia Fletcher e Rob Pursey è pronta a dare alle stampe il loro ritorno discografico dopo otto anni, “Dreaming Kind”, il prossimo 2 Settembre 2022.  Nella loro pagina Bandcamp scrivono orgogliosamente “In our 30+ years to date We’ve released 7 original studio albums, 2 compilation albums and 12 singles on 9 different record labels. We’ve done live gigs in 54 cities in 10 countries” (io sono riuscito a trovare in cd con un pò di fortuna la raccolta “Epicurean” del 1992 su Sarah Records. Oggi il catalogo è quasi tutto disponibile in digitale) e da quanto emerge dall’ascolto dei primi brani estratti, “This Boy Is A Mess” e “Didn’t We Love You”, non si è perso lo smalto creativo, nella capacità di innovare e emozionare l’ascoltatore. “Sophisticated” è una definizione del gruppo che ricorre tra la stampa specializzata come Uncut e Brooklyn Vegan; la stessa Amelia Fletcher afferma quanto “Their songs were as emotionally pure as anything else on Sarah, but they were always a step ahead of their peers in terms of song arrangements and musical ambition. With a casual, unpretentious air they made writing perfect pop songs seem easy, almost accidental: people knew a good thing when they heard it and they hugged it close”.

Canzoni scritte nella grande tradizione scozzese di Aztec Camera e Teenage Fanclub, con un lato fragile perfetto per i nostri tempi incerti. Agrodolci eppure umorali, positive. Il legame consolidato con Ian Carmichael – membro dei One Dove nonchè produttore di Lamb e The Pastels – ha fatto il resto, mettendoci quel tocco elettronico e sperimentale che li fa suonare aperti al mondo. Rob e Amelia sono rimasti folgorati dal nuovo materiale, coinvolgendoli già nel progetto Under The Bridge dello scorso Marzo: “The first gig we went to after lockdown was the Preston Popfest. It was an emotional occasion: many bands were playing for the first time in two years. The Orchids were really special that night. We were surprised to hear so many new songs, and such great new songs too – really powerful. That’s the night we decided to ask if we could release their album.”

Le tredici pepite che formano “Dreaming Kind”. Altre informazioni disponibili su www.skepwax.com:

1. Didn’t We Love You?
2. Limitless #1 (Joy)
3. What Have I Got To Do?
4. This Boy Is A Mess
5. I Never Thought I Was Clever
6. Echos
7. Isn’t It Easy
8. Something Missing
9. I Should Have Thought
10. I Don’t Mean To Stare
11. A Feeling I Don’t Know.
12. I Want You I Need You
13. Limitless #2 (Hurt)

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Se potessi ripercorrere in un attimo, nuotando controcorrente, le rapide di questo fiume oramai giunto al suo estuario, nella estrema fissità di questo mio prossimo viaggio nella noia orizzontale, sceglierei gli anni in cui la volta celeste non era altro che un enorme lenzuolo fatto a cielo e la luna una palla polverosa gettata nel vuoto e catturata con le unghie dall’egoismo del pianeta Terra. E noi, bimbi, cadevamo con essa per sempre, aggrappati in un infinto sprofondo gli uni agli altri, grazie a un gomitolo di lana nera. I grandi dimenticarono in fretta di avere un mondo con certe stelle enormi, sopra il capo, da osservare, mentre noi sacrificavamo la nostra noia migliore per costruire ponti sospesi nello spazio che ci allacciassero a un’agognata luna. La dipingemmo butterata e funesta, con maremoti sulla superficie di un ponto che non era mai tranquillo, ma tutta una schiuma fremente di gorghi e mostri marini. Nuovi esseri di ordinaria malinconia calpestavano un tappeto soffice come zucchero filato sparso su una teglia, in cui si radicavano piante cresciute dolci come torroni. Altre volte immaginammo un balzo da gigante come in mongolfiera, le tante mongolfiere tipiche di una domenica d’estate, un balzo che ci consentisse di fuggire all’avarizia terrestre e alle sue costrizioni. In anni in cui razzi enormi arrugginivano in volo, pensammo a uno sgangherato proiettile cavo sparato negli occhi della luna come nei film dei Meliès, in cui potessimo accovacciarci per il viaggio, assieme ai nostri migliori amici. Ma poi venne il tempo di un leggero disincanto, e, anche sognando a occhi aperti, non potevamo far altro che immaginarci tute e scafandri e missili scagliati a violentare qualche nuovo cielo. E poi, al ritorno, schivare incredibili uragani e tempeste, per posarci placidamente in un mare che ci accogliesse come un telo. Eravamo certo molto giovani e molto felici e pensavamo, con rabbia, di non dover invecchiare mai. (Matteo Marconi) Le puntate precedenti Back To The Future Vol. 9 - Stuart Adamson morì nel 2001 e nessuno ne parla più Back To The Future Vol. 8 - I Vines e il Verona dell'84-'85 Back To The Future Vol. 7 – “I figli degli operai, i figli dei bottegai!” Back To The Future Vol. 6 - Ekatarina Velika (EKV) Back To The Future Vol. 5 - Gli Air sul pianeta Vega Back To The Future Vol. 4 – “Stay” e gli angeli degli U2 Back To The Future Vol.3 - La lettera dei R.E.M. e di Thom Yorke Back To The Future Vol. 2 – Massimo rispetto per i metallari (1987-89) Back To The Future vol. 1 – L’estate di Napster 14 settembre 2010