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Un piccolo festival nel cuore della Sicilia, da anni punto di riferimento per appassionati di tutta Europa. L’edizione 2022 dell’Ypsigrock (il nome nasce dall’ingegnosa unione di rock con l’antico toponimo bizantino di Castelbuono, “Yprigro“) è stata a tutti gli effetti speciale (guarda la gallery con tutte le foto di Claudia Gugliuzza).
Non solo perché ha definito il ritorno alla formula piena- che include concerti distribuiti in diverse località nel corso della giornata, oltre che la sera al Castello – ma anche perché sono ormai venticinque anni tondi che Glenn Gould, l’organizzazione nata alla fine degli anni ’90, riesce a mettere in piedi una realtà che nelle intenzioni e nella pratica realizza quello che sembra un sogno lucido ad occhi aperti. Un’appuntamento immancabile che nelle scorse due edizioni ha risentito, come tutto il settore dei live, della pandemia, ma che non si è mai completamente arrestato e ha saputo mantenere vivo il dialogo con il suo pubblico, anche attraverso questionari sui social, e una serie di sorprese nel corso dell’anno (tra cui il kit a edizione limitata a Natale contenente il panettoncino di Fiasconaro insieme a un abbonamento a prezzo contenuto).
Dopo l’edizione satellite di “Orbita – E tu splendi” nel 2020 con concerti ricavati in diversi luoghi suggestivi, come l’osservatorio astronomico Gal Hassin di Isnello – “il cielo pù bello del sud Europa” -, e della “Tiny but needed” del 2021, che visto sul palco Molchat Doma, Clap Your Hands Say Yeah e Iosonouncane, nel 2022 sono state recuperate tutte le caratteristiche che rendono unico il Festival. Dall’Ypsi Once Stage e la regola secondo la quale sul palco principale, che si trova sulla piazza di fronte l’antico castello medioevale, ogni musicista ha la possibilità di portare solo una volta un determinato moniker, agli eventi al Chiostro di San Francesco e quelli all’Ypsicaming, tornato in funzione con il consueto ritrovo nella piacevole brezza estiva di montagna dell’area di San Focà e con il djset di Shirt VS T-Shirt che si protrae fino all’alba. Se volessimo indicare un termine chiave per definire questa edizione probabilmente non potrebbe non essere la parola “puntualità”; concetto che in un periodo storico come questo suona per niente banale, considerate le difficoltà che hanno accompagnato la ripresa degli eventi in tutto il mondo e creato non poche magagne (vedi l’ultimo Primavera Sound – seppure in una dimensione molto diversa). L’organizzazione di questo Ypsigrock è stata una delle più precise e meticolose degli ultimi anni, con concerti che hanno rispettato al secondo spaccato la timetable e poca calca nei punti di ristoro – anche quest’anno forniti di rosticceria locale e prodotti delle Madonie – e in generale in tutti gli spazi, nonostante la presenza di un pubblico numeroso.
Edizione che, come abbiamo anticipato, festeggia i 25 anni e che quindi si muove con immancabile nostalgia, ma con strenua attenzione alle novità. Nei quattro giorni – uno in più quest’anno rispetto al passato- sono saliti sul palco artisti raramente visti in Italia e nomi nuovi per il pubblico, attraverso alcune iniziative come la partnership con l’etichetta Bella Union, anch’essa al traguardo del quarto di secolo, e il progetto ESNS Exchange (ex ETEP), il programma europeo ufficiale di scambio, introdotto nel 2003 per favorire la circolazione dei talenti europei all’interno di un network di festival estivi, che ha visto ospite Self Esteem.
Una line up snella, con tre nomi per ciascuna serata, due concerti al pomeriggio e due al Cuzzocrea Stage, nella zona del camping, appena dopo pranzo. Già il primo giorno (giovedì 4 agosto) si iniziano a vedere i segni di un anniversario importante. A inauguare il Festival è per il secondo anno la residenza artistica “The Sound of place” che nasce dalla collaborazione tra alcuni performer e musicisti di questa edizione (Giulio Fonseca aka Go Dugong, la visual artist Ionee Waterhouse, Jack Wolter, Joe Taylor e Lily Wolter dei Penelope Isles) con la partecipazione di importanti partner istituzionali e della stessa etichetta anglosassone che celebra la sua “Festa Bellissima“. Scaldano la piazza e danno il via alle danze gli olandesi 4B2M, freschi del loro primo disco omonimo pubblicato da poco. Il cantante si presenta con la t-shirt di Roberto Baggio e porta sul palco uno show che rende subito palese che questo sarà un grande Festival.
Headliner Manuel Agnelli, a Castelbuono per la seconda volta dopo l’esibizione del 1998 insieme agli Afterhours, porta il suo progetto solista, scendendo in verità a compromessi con la regola sopracitata dell’Ypsi One Stage, poichè presenta una serie di brani icononici della band (“Male di Miele”, “Non è per sempre”, “Non si esce vivi dagli anni ’80”, “Ballata per la mia piccola Iena”) accanto ad altri più recenti, tra cui “La profondità degli abissi”, per il film Diabolik dei Manetti Brothers, dalla cui colonna sonora Agnelli trae anche “Pam Pum Pam” ad apertura di scaletta. Sul palco lo affiancano Beatrice Antolini e Masssimo Pupillo degli Zu (insieme suonano anche una cover dei Gang of Four). Una presenza, quella del rock italiano, che mancava all’Ypsigrock e che si traduce in un momento ricco di adrenalina e di intenso coinvolgimento del pubblico.
Il giorno successivo, venerdì 5 agosto, dopo l’esibizione di Brunacci e Iruna all’Ypsigcamping, è l’Ypsig&Love Stage del Chiostro di San Francesco a ospitare i concerti del pomeriggio. Dal catalogo di Bella Union escono fuori C Duncan e a seguire Lowly, band danese che propone un leggero cantautorato dalle delicate tinte dream pop. Sul palco, la sera, i primi a salire sono i Penelope Isles di Brighton che, dopo avere decantato la bontà del gelato di Castelbuono, abbracciano Piazza Castello con atmosfere sognanti e chitarre shoegaze. Genere del tutto diverso quello degli inglesi Yard Act, graffianti e in grado di animare la platea, che si lancia in performace di body surfing, con una carica post punk. Fiore all’occhiello dell’etichetta e dell’edizione del 2022, lo show di quasi due ore dei Flaming Lips.
Giagantesche bolle di sapone, animali robotici, coriandoli, pupazzi e arcobaleni gonfiabili; l’impressione è quella di trovarsi dentro ad un grosso luna park in cui tornano a rivevere i sogni dell’infanzia e dove lo sfondo del Castello è un paesaggio onirico dietro le cui mura si riesce quasi a percepire l’odore dello zucchero filato. Non è un caso se in piena emergenza covid-19 la band aveva lasciato a bocca aperta il mondo intero facendo di necessità virtù e rispettando la distanza sociale grazie a soluzioni ingegnose. Il gruppo di Wayne Coyne propone uno spettacolo unico che nell’estate del 2022 ha toccato varie tappe in Italia (ne abbiamo scritto nel dettaglio a proposito del concerto di acieloaperto). Dimostrazione di come musica e performance possano creare un impatto unico e una presa emotiva sul pubblico senza precedenti. Ad apertura troviamo “My cosmic autumn rebellion” a cui segue “Do you realize??”, nel corso della quale, in mezzo ai cori, fioccano nastrini colorati.
Trovarsi tra il pubblico, a poca distanza, è una esperienza suggestiva che lascia stupiti di fronte alle sorprese create ad arte dalla band. Compare quindi in scaletta “Yoshimi Battles The Pink Robots, Pt. 1″ del 2003”, mentre dall’ultimo album, “American Head”, viene estratta “Mother I’ve taken LSD”, brano che parte piano ed esplode nel refrain. Da momenti psichedelici come “Silver Trembling Hands” ad altri più rumorosi (“Moth in the incubator”, ripresa anche a fine concerto), la band attinge a piene mani senza limiti cronologici dalla sua intera produzione. Il triplo bis e la scritta in palloncini dorati, “Fuck yeah Ypsigrock“, congedano dal pubblico con cui i Flaming Lips hanno giocato tutta la sera. Si potrebbe dire che siamo di fronte a un meta-concerto in cui l’interazione è una componente essenziale dello show.
Il pomeriggio successivo e in quello dell’ultima giornata (domenica 7 agosto) il palco dell’ Ypsi & Love Stage è inondato dal rap di Denise Chaila e dell’ucraina Alyona Alyona. Una calda ventata che rasserena i cuori del Chiostro arriva da Natalie Bergman, cantante californiana attratta dalla musica gospel che nella parte finale del concerto esegue l’emozionante “Glory Hallelujah, I’m Gonna Fly home soon”. La giornata di sabato è tutta in pista. Dopo l’ottimo gruppo femminile delle Pillow Queens, l’impetuosa verve di Self Esteem, la cui apparizione viene anticipata dalla scritta “There is nothing that terrifies a man more than a woman that appears (completely deranged)” si riversa su Piazza Castello con una coreografia che coinvolge ballerine – coriste vestite di bianco e ventilatori sparati dal basso che provocano un effetto alla Marilyn Monroe sui capelli (e la gonna) di Rebecca Taylor. Il tutto è dominato da un’esplosione di corpi e di genuino afflato pop che lascia perplessi alcuni ypsini, ma che indubbiamente colpisce per la sua componente scenografica. A conclusione l’elettronica dei 2Manydjs, progetto parallelo dei Soulwax, che trasforma piazza Castello in una pista da ballo, con i remix di svariati brani, dagli Stooges ai New Order, passando per i Ricchi e Poveri, mentre sullo schermo scorrono i video, a tratti esilaranti, con le copertine dei dischi elaborate in versione animata.
La quarta e ultima sera è in rapida ascesa, prima con il post rock tinto di atmosfere quasi dark dei PVA (chiamati in sostituzione dei The Nation of Language) e quindi con le Goat Girl. Tuttavia una delle attese maggiori per il pubblico è rappresentata dall’esibizione dei DIIV, arrivata sul finale come a chiudere il cerchio di questa edizione. La band riesce a trainare in una dimensione piena di colori e di onde che provengono dall’oceano, spalancando le porte a un universo animato da riprese in stile vhs (nei video che scorrono durante il concerto) e da un indie rock malinconico. Il gruppo offre uno show impeccabile, mentre esegue brani tratti dai tre album in studio, incluso l’ultimo “Deceiver”. Il coinvolgimento e la simbosi con il luogo sono evidenti e il gruppo di Brooklyn si troverà alla fine ad ammettere che “venire in Italia è come essere in vacanza“.
Piccoli difetti, specialmente a livello di organizzazione complessiva della line up (come l’esibizione dei The Tangram programmata alle 2 del pomeriggio), non tolgono fascino a uno dei Festival più belli d’Europa, sia a detta di quella che si può considerare a tutti gli effetti la “famiglia” allargata dei fedelissimi che si rivede tutti gli anni e raggiunge i monti delle Madonie ogni estate, sia per il pubblico che arriva per la prima volta dall’estero, quest’anno particolarmente presente nel corso del lungo week end. Ciò che rende unico l’Ypsigrock è la possibilità di assistere a grandi concerti in uno spazio relativamente ristretto, riuscendo molte volte a strappare facilmente una foto o un autografo agli artisti o persino a scambiare due chiacchere sotto palco oppure in uno dei ristoranti tipici di cucina siciliana. La pioggia che si è abbattuta il lunedì, mentre l’area camping veniva lentamente abbandonata e gli ultimi ypsini smontavano le tende, ha simbolicamente concluso un’edizione ancora una volta indimenticabile.
(Eulalia Cambria)